Pubblicato il 21 novembre 2016 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati
// Due settimane fa, Andy Murray si è preso il primo posto della classifica togliendolo a Novak Djokovic. Nell’atto conclusivo delle Finali di stagione, ha sconfitto Djokovic nel loro primo incontro da giugno, assicurandosi di concludere l’anno da numero uno del mondo. Nella seconda parte della stagione Murray è stato straordinario: dalla finale del Roland Garros 2016, ad eccezione di tre partite, ha vinto tutte quelle in cui ha giocato e ha terminato in grande stile battendo quattro dei primi 5 giocatori sulla strada per la conquista dell’ultimo torneo dell’anno.
Murray non è ancora il migliore del mondo
Nonostante questi risultati, Murray non è il migliore giocatore del mondo, perché quel titolo spetta ancora a Djokovic. A partire da giugno, Murray ha ridotto la distanza, si è imposto come elemento portante di quello che potremmo chiamare il “Grande Duo”, ma non ha mai veramente surclassato il rivale. Non ci sono dubbi che in questi mesi Murray abbia giocato meglio – a volte un’affermazione di questo tipo è discutibile, ma la sua stagione è un fatto storico ormai – ma identificare il giocatore migliore richiede l’utilizzo di un approccio più predittivo, ed è molto più difficile da stabilire di quanto si possa fare semplicemente scorrendo un elenco di risultati recenti.
I limiti della classifica ufficiale
Generalmente, la classifica riesce con buona approssimazione a determinare quali giocatori siano meglio di altri. Ma il sistema ufficialmente adottato ha due grandi limiti: ignora la qualità dell’avversario e restringe volutamente il riferimento temporale alle ultime 52 settimane. Opinionisti e appassionati sembrano invece esibire altre problematiche nelle loro considerazioni: spesso attribuiscono peso eccessivo alla qualità dell’avversario (“Ha battuto Djokovic, quindi adesso è il numero uno!”) e assegnano importanza ancora maggiore ai risultati dell’ultimo periodo (“Era imbattibile questa settimana!”).
Elo e Jrank
Due sistemi di classifica esenti da questi vincoli – Elo e Jrank – vedono Djokovic comodamente avanti rispetto a Murray. Gli algoritmi su cui si fondano elaborano le informazioni sulle partite più recenti e sulla qualità dell’avversario in maniera molto diversa, ma li accomuna un elemento che ha maggiore rilevanza: tengono in considerazione la qualità dell’avversario e non usano un riferimento temporale arbitrario come succede per la classifica ufficiale.
Se la partita tra Djokovic e Murray venisse giocata oggi, queste sarebbero le previsioni dei tre sistemi:
- ATP – Murray favorito con il 51.6% di probabilità di vittoria
- Elo – Djokovic favorito con il 61.6% di probabilità di vittoria
- Jrank – Djokovic favorito con il 57.0% di probabilità di vittoria
I siti di scommesse davano Djokovic favorito di un margine leggermente superiore a 60/40, anche se è probabile che parte del vantaggio fosse legato all’affaticamento di Murray dopo la semifinale maratona con Milos Raonic.
Meno importanza a vittorie su avversari più deboli
Come ho scritto precedentemente, il sistema Elo non nega il fatto che Murray abbia avuto una seconda parte di stagione eccezionale. Ma attribuisce un peso inferiore alle vittorie su avversari più deboli (come ad esempio quella su John Isner nella finale del Master di Parigi Bercy 2016) di quello assegnato dall’algoritmo ufficiale, e riconosce che Murray ha iniziato il suo stato di forma attuale con uno svantaggio enorme. Con il titolo a Londra, Murray ha raggiunto il suo nuovo massimo Elo, che non è però ancora sufficiente a superare quello di Djokovic.
Anche se la classifica Elo vede Djokovic avanti con un margine di sicurezza, allo stesso tempo fornisce evidenza di quanto la situazione al vertice sia cambiata. All’inizio del 2016, Elo assegnava a Djokovic il 76.5% di probabilità di vittoria negli scontri diretti con Murray, probabilità salita fino all’81% in aprile per poi scendere sotto al 70% a seguito del torneo olimpico. Al momento, il divario è il più ridotto da febbraio 2011.
Le Finali di stagione sono un esempio della difficoltà che avrà Murray nel tentativo di impossessarsi del primo posto della classifica Elo. I 91 punti Elo che lo separavano da Djokovic prima dell’inizio del torneo si sono ridotti solo dell’8% e sono ora 84 punti. La vittoria in finale di Murray vale un po’ di più di 7 punti, ma anche Djokovic ha avuto diverse opportunità di ritoccare la valutazione nelle prime quattro partite. Nonostante alcune sconfitte inusuali durante l’autunno, Djokovic continua a vincere la maggior parte delle partite – alcune contro giocatori molto forti – frenando la discesa nella valutazione Elo.
Cambiamenti graduali
Naturalmente, Elo è solo un metodo di misurazione che, come qualsiasi altro sistema di classifica, non rivela cosa succede esattamente sul campo. È possibile che Murray abbia fatto un significativo (e semi permanente) balzo in avanti o che Djokovic al contrario sia arretrato rispetto allo stato di forma migliore. D’altro canto però, le strisce vincenti si verificano anche senza questo tipo di movimenti, e comunque poi hanno sempre una fine. Solitamente, le valutazioni più accurate si concentrano su cambiamenti ridotti e graduali dello status quo, e Elo è uno strumento per misurarli.
Probabilmente serviranno altri mesi di questi cambiamenti graduali affinché Elo restituisca una valutazione di Murray migliore di quella di Djokovic. L’unica alternativa più rapida è lo scenario in cui Djokovic inizi a perdere più partite contro avversari come Jiri Vesely e Sam Querrey. Quando si trova di fronte a risultati impensabili, Elo reagisce con cambiamenti altrettanto radicali. Per quanto Djokovic durante il 2016 abbia perso delle partite che non avrebbe dovuto perdere, ha fatto anche vedere a più riprese – come ad esempio con le quattro vittorie alle Finali di stagione – di saper mantenere la sua posizione al vertice. ◼︎