Pubblicato l’1 aprile 2025 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati
// Dovrebbe esserci un punto di domanda alla fine del titolo, ma sembrava un po’ ingeneroso partire così diretto, quindi ho tenuto lo scetticismo per le prossime duemila parole. In un precedente articolo ho scritto del gioco con cui Jakub Mensik abbatte i giganti, pur avendo solo diciannove anni. Ha poi continuato la sua cavalcata, battendo Jack Draper, Arthur Fils, Taylor Fritz e Novak Djokovic (tra gli altri) per vincere il Miami Masters. I numeri al servizio fanno girare la testa, con ace per almeno il 24% dei punti in ogni partita prima della finale, in cui Djokovic lo ha limitato a un mero 18%. Generalmente mi astengo da parole come “dominio”, ma è stata davvero una prestazione dominante. Mensik ha vinto tutti i tiebreak che ha giocato, tra cui due a testa contro Draper, Fritz e Djokovic. A Fils ha concesso cinque punti di tiebreak, ma nessuno dei primi 10 ne ha vinti più di quattro nello stesso tiebreak. Il servizio è stato complessivamente fantastico, se possibile alla fine di quei set ancora più eccellente.
Il record nei tiebreak fa impressione quasi quanto gli ace. Prima di Miami era a 23 vinti e 13 persi (sul circuito maggiore), cioè il 64% in una categoria dove i giocatori che non sono di vertice si attestano grossomodo sul 50%. Djokovic è al primo posto con il 66% (con almeno 400 tiebreak) e solo una manciata di campioni è andata oltre il 60% in carriera (non considero i tiebreak dalle Finali Next Gen della fine del 2024, quando Mensik ne ha vinti solo due. È un torneo che ha regole diverse e non assegna punti per la classifica, era logico escluderlo). Dopo l’imbattibilità delle ultime due settimane, Mensik è ora a 30-13, valido per il 70% di vittorie. È un giovane maestro del tiebreak, dimostra freddezza sotto pressione, ha un servizio sovrumano: andrà avanti nei dieci anni a venire a oscurare i colleghi rifilando 7-6 a destra e sinistra?
I prossimi 43
Proviamo a contestualizzare. Mensik ha giocato 43 tiebreak, e la tabella mostra i giocatori (nati dal 1975 in poi) con il miglior record nei rispettivi primi 43.
Giocatore V-P % V
Pablo Cuevas 33-10 76.7%
Novak Djokovic 32-11 74.4%
Marcelo Rios 31-12 72.1%
Lucas Pouille 30-13 69.8%
Jakub Mensik 30-13 69.8%
Sergiy Stakhovsky 29-14 67.4%
Tommy Haas 29-14 67.4%
Sebastien Grosjean 28-15 65.1%
Marcos Baghdatis 28-15 65.1%
Bernard Tomic 28-15 65.1%
Milos Raonic 28-15 65.1%
Botic van de Zandschulp 28-15 65.1%
Alexei Popyrin 27-16 62.8%
Kei Nishikori 27-16 62.8%
Roberto Bautista Agut 27-16 62.8%
Felix Auger-Aliassime 27-16 62.8%
Lukas Lacko 27-16 62.8%
Philipp Petzschner 27-16 62.8%
Kristof Vliegen 27-16 62.8%
Dominik Koepfer 27-16 62.8%
Non sono proprio cattive compagnie, ma c’è un po’ di tutto. Mensik condivide il quarto posto, dietro a uno dei più grandi di sempre, un quasi membro della Hall of Fame e un terraiolo accanito. Gli altri sono sia giocatori entrati tra i primi 10 che navigati operai della racchetta. Come si sono comportati nei successivi 43 tiebreak?
Giocatore Primi 43 Succ 43 % V
Pablo Cuevas 33-10 22-21 51.2%
Novak Djokovic 32-11 33-10 76.7%
Marcelo Rios 31-12 23-20 53.5%
Lucas Pouille 30-13 22-21 51.2%
Jakub Mensik 30-13 - -
Sergiy Stakhovsky 29-14 19-24 44.2%
Tommy Haas 29-14 20-23 46.5%
Sebastien Grosjean 28-15 26-17 60.5%
Marcos Baghdatis 28-15 25-18 58.1%
Bernard Tomic 28-15 22-21 51.2%
Milos Raonic 28-15 25-18 58.1%
Botic van de Zandschulp 28-15 19-23 45.2%
Alexei Popyrin 27-16 22-21 51.2%
Kei Nishikori 27-16 25-18 58.1%
Roberto Bautista Agut 27-16 25-18 58.1%
Felix Auger-Aliassime 27-16 26-17 60.5%
Lukas Lacko 27-16 19-24 44.2%
Philipp Petzschner 27-16 21-22 48.8%
Kristof Vliegen 27-16 19-21 47.5%
Dominik Koepfer 27-16 9-14 39.1%
TOTALE 570-290 422-371 53.2%
(Alcuni non sono rientrati nell’elenco o ancora non hanno accumulato altri 43 tiebreak). Sono numeri…meno impressionanti. Djokovic era immarcabile all’inizio, nella seconda parte è riuscito a vincerne “solo” il 61%. Sebastien Grosjean e Felix Auger-Aliassime hanno quasi ripetuto i primi 43, ma il resto del gruppo è sinonimo di mediocrità. Anche contando i tre più bravi, la media è del 53%, rispettabile — vedasi giocatori come Marin Cilic e Marat Safin — ma se Mensik avesse vinto il 53% dei tiebreak in carriera, staremmo festeggiando un altro vincitore a Miami.
Tiebreakologia
In ottica complessiva, non c’è quasi correlazione tra il record di un giocatore nei primi 43 tiebreak e quello nei successivi 43 o nel resto della carriera. Djokovic ha mantenuto un passo strabiliante perché è fortissimo a tennis, non perché possiede un qualche tocco magico segreto. Quei giocatori che non sono avviati a collezionare Slam in doppia cifra (e anche alcuni di quelli che lo sono) non possono fare affidamento sul portare a casa due terzi dei tiebreak che giocano. Questo però non significa che galleggino tutti intorno al 50%. I professionisti più bravi della media vincono più punti, nei game normali come nei tiebreak. Qualche anno fa ho introdotto una statistica chiamata Tiebreak Sopra le Attese (TSA), che fa leva sulla nozione di “attesa”. Prendendo la frequenza di punti vinti al servizio e alla risposta di un giocatore in una determinata partita e inserendola in un simulatore di tiebreak, si ottiene la probabilità di arrivare per primo a sette punti. Nessun dominio, nessuna magia, solo l’ipotesi che i giocatori rendano nel tiebreak come durante il resto del set. Tomas Berdych, l’idolo di Mensik, è un buon esempio: ha vinto 225 tiebreak su 374, una frequenza di successo del 54%. È un risultato solido, anche se quasi di poco conto rispetto a quello di Mensik. Soprattutto, così si aspetta la formula. Applicandola ai quei 374 tiebreak, la previsione è di 225 vittorie (224.86 per la precisione). In altre parole, Berdych ha mantenuto il rendimento nei tiebreak al pari di quello dell’intera partita. Il TSA rende migliori, seppur considerevolmente meno eccitanti, le previsioni di risultati futuri nei tiebreak. Ecco di nuovo i 20 più bravi con record “attesi” per i primi 43.
Giocatore Effettivo Atteso
Pablo Cuevas 33-10 24-19
Novak Djokovic 32-11 23-20
Marcelo Rios 31-12 24-19
Jakub Mensik 30-13 22-21
Lucas Pouille 30-13 21-22
Tommy Haas 29-14 22-21
Sergiy Stakhovsky 29-14 21-22
Milos Raonic 28-15 24-19
Marcos Baghdatis 28-15 23-20
Bernard Tomic 28-15 22-21
Sebastien Grosjean 28-15 22-21
Botic Van De Zandschulp 28-15 22-21
Kei Nishikori 27-16 24-19
Felix Auger Aliassime 27-16 23-20
Kristof Vliegen 27-16 22-21
Philipp Petzschner 27-16 22-21
Alexei Popyrin 27-16 21-22
Roberto Bautista Agut 27-16 21-22
Dominik Koepfer 27-16 20-23
Lukas Lacko 27-16 20-23
Un ammontare spropositato di statistiche sul miglior risultato in carriera è strettamente legato alla fortuna. Pablo Cuevas è stato davvero bravo a vincere quei 33 tiebreak, ma la prestazione in quelle partite non meritava così tanti 7-6 in suo favore. Il fattore fortuna è calato e ha vinto meno della metà degli altri 170 tiebreak giocati. Mensik non fa eccezione. La tabella riepiloga la frequenza di punti vinti al servizio e alla risposta contro gli avversari di Miami, insieme alla risultante probabilità di vincere un tiebreak in ogni partita.
Avversario PVS PVR p(TB V)
Draper 75.0% 33.7% 65.1%
Fils 73.6% 42.0% 74.7%
Fritz 74.3% 30.7% 58.9%
Djokovic 69.2% 29.7% 48.2%
Se si rigiocasse il torneo, quasi sicuramente alcuni di quei sette tiebreak non avrebbero lo stesso esito, indipendentemente dalla freddezza mostrata da Mensik sotto pressione. La probabilità di vincerli tutti contro quel gruppo di giocatori è di circa il 2.5%.
Sì, ma…
L’intento non è quello di sminuire quanto raccolto da Mensik: contro uno dei primi 10 è 8 partite vinte e 5 perse, ha appena trionfato in un Masters 1000 facendosi strada con un servizio dopo l’altro a cui era impossibile rispondere, specialmente nei momenti cruciali. I numeri dicono solo dell’improbabilità di mantenere quel ritmo. Sono certo che qualcuno si oppone a questa interpretazione, perché convinto che Mensik riesca anche dove la probabilità è avversa. Del resto ha un servizio potente e i grandi servitori fanno meglio nei tiebreak, non è così? Resiste alla pressione e non perderà quel tratto distintivo, non è che stiamo tirando i dadi per vedere chi vince il tiebreak. Sono argomentazioni non prive di fascino, in parte perché sentite e risentite da giocatori e opinionisti sin da quando Jimmy Van Alen ha inventato il tiebreak. Il problema è che non sono vere. Non c’è praticamente relazione tra la bravura al servizio e il rendimento nei tiebreak. È chiaro che migliore il servizio, più forte il giocatore e più un esito a senso unico, che siano game, set o tiebreak. Quando però si parla di vincere più tiebreak di quanti ci si aspetta — che vuol dire nel caso di Mensik da 22 su 43 agli effetti 30 su 43 — un servizio potente non aiuta (vedremo l’eccezione fra un attimo).
Inoltre: se esiste una freddezza dominante sotto pressione, è incredibilmente flebile. Capita che ci siano momenti di dominio, come vincere sette tiebreak contro giocatori con classifica più alta in tornei importanti. Ma non significa che si manterrà quella bravura la settimana, mese, stagione successiva. Lo abbiamo visto nel confronto tra i “primi 43” e i “successivi 43”. Ognuno dei giocatori con un avvio scoppiettante sembrava imbattibile nei momenti chiave. Tranne per Djokovic e forse un paio di altri, la capacità di alzare il livello nel tiebreak è scomparsa. Anche Djokovic è lentamente rientrato tra gli umani.
Il grande Jake e il grande John
Alcuni dei grandi servitori sono andati oltre le aspettative nei tiebreak. Uomo copertina è John Isner. Secondo il TSA, ha vinto il 16% di tiebreak in più di quelli che “avrebbe” dovuto, ribaltando l’esito di circa 70 tiebreak in carriera. Nessun altro con almeno 150 tiebreak giocati ha un rendimento così alto nella fase finale del set. È un caso specifico da cui possiamo apprendere molto. L’aspetto più rilevante è che il +16% è il massimo ragionevolmente ottenibile da chiunque. E se Mensik fosse davvero il prescelto del tiebreak? Ne abbiamo già visto uno in Isner e sappiamo dell’impatto che le sue doti magiche hanno avuto sui risultati. Nei primi 43 tiebreak, Mensik è andato oltre le attese del 36%, più del doppio di quanto fatto da Isner in carriera. Ipotizzando che il super rendimento di Mensik sia un miraggio, ci aspetteremmo un record di 22-21. Se invece gli concediamo un livello di dominio pari a Isner, Mensik passa a 25-28 o anche 26-17. Quell’andatura gli consentirebbe di risalire la classifica, ma la notizia della settimana sarebbe il centesimo titolo di Djokovic e non il prodigioso diciannovenne della Repubblica Ceca.
Anche tenere un +16% è compito improbo. Subito dopo nell’elenco dei giocatori sopra le aspettative in carriera c’è Nick Kyrgios, con un +16% inferiore solo di qualche decimo a Isner (vi assicuro che non sono tutti grandi servitori, e molti dei grandi servitori sono stati sotto le attese, come ad esempio Ivo Karlovic, Hubert Hurkacz e Sam Querrey). Conosciamo di Kyrgios la modalità di risparmio energetico — a volte palesemente evidente — fino ai momenti chiave: è chiaro che nei momenti chiave, tra cui il tiebreak, otterrà risultati migliori. È stato così anche per Isner? Forse non nello stesso modo plateale, ma non riesco a pensare che abbia dato tutto alla risposta sul 30-0 o 40-0. E una parte di quel +16% è probabilmente attribuibile a questo: ha giocato meglio nei tiebreak perché ogni punto contava. È una tattica ragionevole per un certo tipo di giocatore, solo non è tanto diffusa tra chi ha un servizio più modesto.
Va riconosciuto a Mensik di non essere così monodimensionale. Guardandolo giocare, non mi sembra che si risparmi per i tiebreak, si disinteressi dei game alla risposta o altri comportamenti simili. In questo senso le sue statistiche complessive al servizio e alla risposta sono un buon indicatore di bravura effettiva, a differenza di quelle di Kyrgios che invece subiscono l’occasionale apatia. Statistiche di servizio e risposta accurate rendono ancora più improbabile che Mensik, o chiunque altro, possa migliorarle nettamente alla fine del set.
Sostenere il livello
C’è un altro motivo per il quale Isner, e Mensik, possono andare oltre le attese, e cioè che non è che migliorino nei tiebreak, ma che i loro servizi sono così efficaci da non farli peggiorare. Qualche anno fa ho analizzato le tattiche nel tiebreak, scoprendo che in media chi è al servizio diventa più conservativo, e gli scambi si allungano. Era risultato che:
- punti vinti al servizio -6.5%
- ace -6.1%
- prima in campo +1.3%
- risposta in gioco +8.5%
- lunghezza dello scambio +18.9%
Se ogni giocatore gestisse la pressione allo stesso modo, non sarebbero buone notizie per uno come Mensik. Più lungo lo scambio, meno è facile per lui. Però, almeno per i primi 43 tiebreak, è andato controtendenza. Rispetto ai dati che possiedo, che non comprendono il dettaglio di ogni singolo tiebreak, sembra che Mensik stia vincendo un incredibile 78% di punti al servizio nel tiebreak, contro il 65% generale. E la sua prestazione a Miami potrebbe essere stata ancora più strabiliante. In finale contro Djokovic, meno della metà dei servizi hanno avuto risposta. Contro Draper, ha servito dieci punti nei due tiebreak, e solo due sono tornati indietro.
Non credo sia realistico aspettarsi che Mensik continui a essere il più grande giocatore al servizio di sempre ogni volta che si arriva sul 6-6. Di converso, i più bravi al servizio beneficiano di più opzioni dei colleghi meno dotati. Roger Federer è un altro che è andato sopra le attese nei tiebreak. Come Isner, anche lui potrebbe servire al 90% della potenza e non lasciare scampo all’avversario. Mensik potrebbe essere della stessa pasta: riesce a inanellare ace senza dover rischiare troppo.
Mensik sano in corpore sano
La vittoria al Miami Masters ha catapultato Mensik al numero 24 della classifica. Le mie valutazioni Elo — che non sono interessate a quanto un record nei tiebreak possa essere sostenibile — gli assegnano il tredicesimo posto. Ipotizzando che ritorni sulla terra e perda all’incirca metà dei tiebreak che gioca, può mantenersi in alto? La risposta potrebbe essere affermativa, almeno secondo la classifica ATP. Nelle ultime 52 settimane, Mensik ha vinto il 50.5% dei punti. La tabella riepiloga i primi 50 con una frequenza simile di punti vinti sul totale.
Class Giocatore PVT
14 Ben Shelton 50.9%
49 Jan Lennard Struff 50.9%
25 Sebastian Korda 50.8%
50 Zizou Bergs 50.7%
21 Tomas Machac 50.7%
17 Frances Tiafoe 50.6%
29 Jiri Lehecka 50.6%
44 TM Etcheverry 50.5%
12 Holger Rune 50.5%
24 Jakub Mensik 50.5%
34 Alex Michelsen 50.4%
42 Gael Monfils 50.3%
48 Miomir Kecmanovic 50.3%
43 Nuno Borges 50.3%
40 A Davidovich Fokina 50.2%
Mensik è praticamente sullo stesso piano di giocatori come Holger Rune e Frances Tiafoe che sono tra i primi 20, e non è troppo distante da un altro in Ben Shelton. Da notare anche che Isner ha finito il 2018 tra i primi 10 con solo il 51.1% di punti vinti totali. A ben vedere, è un confronto che a Mensik sta stretto. Grazie alla facilità con cui elimina teste di serie e si spinge in fondo al tabellone, ha dovuto già affrontare avversari più forti di quasi tutti gli altri. La tabella riepiloga i primi 50 per difficoltà di tabellone, sulla base della classifica mediana dell’avversario.
Class Giocatore Class mediana
avversario
1 Jannik Sinner 27.0
3 Carlos Alcaraz 28.0
7 Jack Draper 30.0
4 Taylor Fritz 30.5
5 Novak Djokovic 35.0
24 Jakub Mensik 35.5
42 Gael Monfils 36.0
11 Daniil Medvedev 36.0
2 Alexander Zverev 37.0
28 Alexei Popyrin 38.0
Non solo Mensik vince punti con estrema continuità, lo fa anche contro giocatori di prima fascia. Alexander Zverev, Casper Ruud e Stefanos Tsitsipas a confronto si sono trovati di fronte a giocatori in media meno forti.
Possiamo trarre una lezione, cioè che la classifica ATP è statisticamente molto rumorosa e così dipendente dal contesto che è virtualmente impossibile affermare che posizione “dovrebbe” avere un giocatore. Se la striscia di tiebreak si fosse interrotta nella partita contro Draper, Mensik sarebbe grossomodo il medesimo, ma con una classifica inferiore di venti posti, e lo si riterrebbe, plausibilmente, sotto valutato. Per come stanno le cose, Mensik non ha bisogno di un record di 30-13 per essere visto come un fenomeno in ascesa, perché è un giocatore da primi 30, o anche di più, pur senza quel record. Ed è un bene, perché non continuerà a vincere il 70% dei tiebreak. Isner si è guadagnato un posto nei primi 10 a fine anno con una stagione da 53% di tiebreak vinti. Con una seconda migliore, può riuscirci anche Mensik. ◼︎