Pubblicato il 3 maggio 2022 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati
A inizio anno, Jeff Sackmann si è imbarcato in un immenso progetto di elaborazione di una classifica dei 128 giocatori e giocatrici più forti di tutti i tempi, ponendosi l’obiettivo di terminare a dicembre 2022. Con una media di più di 2000 parole per singolo profilo, si tratta di una vera e propria enciclopedia di chi è chi nel tennis, dalla sua nascita a oggi. Per limiti di tempo e più evidenti limiti di talento, settesei.it propone una selezione delle figure maggiormente rappresentative per vicinanza d’epoca e notorietà, n.d.t.
Caroline Wozniacki [DEN]
Data di nascita: 11 luglio 1990
Carriera: 2006-2020
Gioco: destro (rovescio a due mani)
Massima classifica WTA: 1 (11 ottobre 2010)
Massima valutazione Elo: 2251 (prima nel 2010)
Slam in singolo: 1
Titoli WTA in singolo: 30
// Agli Australian Open 2015, Caroline Wozniacki ha commentato: “Non sono i cento metri, è una maratona”. Considerando che a Melbourne per tre anni non aveva raggiunto i quarti di finale e che la permanenza tra le prime 10 era a rischio, si trattava di una mentalità molto positiva. Sapeva però il fatto suo, perché un paio di mesi prima aveva corso la maratona di New York in 3 ore e 26 minuti. La metafora della maratona è di ovvio utilizzo per ogni aspetto della carriera di Wozniacki. Nella partita singola, poteva restare in campo più di chiunque, come nelle 2 ore e 49 minuti della finale degli Australian Open 2018 vinta contro Simona Halep, un’altra fondista. Quando il fisico glielo consentiva era in grado di giocare anche più di 80 partite all’anno, ad esempio nel periodo 2009-2011 e poi di nuovo 82 nel 2017.
La perseveranza di Wozniacki emerge con nitida evidenza se si prende a riferimento tutta la carriera. Per anni si è portata dietro l’onta reputazionale di aver fallito due palle match nella semifinale degli Australian Open 2011, un peso che lei stessa ha sentito forte. Ha dovuto giocare altri 27 Slam prima di togliersi di dosso l’etichetta della giocatrice senza Slam. Nel mentre però ha subìto 16 sconfitte nella prima settimana e perso da giocatrici fuori dalle prime 10 per ventitré volte. Nessuno l’avrebbe criticata di fronte a un ritiro precoce, dopo le complicazioni degli infortuni nel 2015 e nel 2016 e la diagnosi di artrite reumatoide prima degli US Open 2018. Molte tra le grandi della WTA hanno abbandonato lo sport non ancora trentenni e i risultati di Wozniacki a inizio carriera le avevano garantito fama tra gli appassionati e benessere economico a vita.
Quando però ha superato gli infortuni verso la fine del 2016, ha ripreso a mostrare il gioco della Wozniacki di una volta. Risalendo la classifica anche fin dal numero 74, ha vinto a Tokyo (battendo in finale la diciottenne wild card Naomi Osaka) e Hong Kong per terminare la stagione tra le prime 20. Nel 2017, ha giocato otto finali, difendendo il titolo a Tokyo e battendo Venus Williams alle Finali di stagione. La vittoria degli Australian Open l’anno successivo è stata il trionfo della tenacia propria di un corridore di lunghe distanze.
Che posto occupa tra le giocatrici dell’era Open?
Anche se indirettamente, tutto il progetto I 128 del tennis è partito da Wozniacki: la sua carriera esemplifica la difficoltà di mettere a confronto diverse tipologie di traguardi e ha richiesto ore infinite negli ultimi anni per la scrittura di un codice che risolvesse il problema. A gennaio 2020 ho lanciato un sondaggio su Twitter, prendendo spunto dall’annuncio del suo ritiro. La domanda era: “Che posto occupa Wozniacki tra le giocatrici dell’era Open?”. Ho ottenuto mille diverse risposte, con molti che ponderavano maggiormente le 71 settimane da numero 1, mentre altri la escludevano completamente dalle più grandi di sempre. La prima versione del quoziente di grandezza, cioè il mio tentativo di trovare un indice utile per definire la più grande di sempre, classificava Wozniacki al diciannovesimo posto dal 1977. Dopo aver apportato migliorie, è scesa di alcune posizioni, ma merita comunque di trovarsi in questo elenco davanti a diverse vincitrici multiple di Slam. Solo nove giocatrici nell’era Open sono rimaste più a lungo al numero 1. Wozniacki ci è arrivata nel 2010 all’età di venti anni e, dopo un breve periodo da numero 2 all’inizio del 2011, ha terminato l’anno sempre al numero 1. E il suo rendimento è stato di tutto rispetto, con 73 vittorie e 23 sconfitte, cinque tornei vinti e una quasi vittoria delle Finali di stagione.
Ma il numero più importante nel dibattito sulla migliore di sempre resta il computo degli Slam e per la maggior parte della carriera Wozniacki è stata ferma a zero. In cinque Slam da testa di serie numero 1, ci è andata vicino solo una volta, quando ha avuto la palla match contro Li Na agli Australian Open 2011. Nello stesso anno ha perso nettamente da Serena nella semifinale degli US Open. Poi, due quarti di finale persi, un quarto turno e un terzo turno. Risultati non malvagi di per sé, ma con Serena e Kim Clijsters in grado di annullarla in campo a piacere, giustamente gli appassionati si interrogavano sulla validità dell’algoritmo alla base della classifica ufficiale.
Ad aggiungere confusione c’era il fatto che Wozniacki non esprimeva un gioco da numero 1. Inseguiva, ribatteva, tirava palle con traiettorie ben al di sopra della rete…sfiniva le avversarie finché non perdevano da sole. Anche quando funzionava, non era particolarmente entusiasmante, e quando non funzionava, ci si chiedeva come facesse ad aver mai vinto qualcosa. A prescindere da come la si pensi, è stata comunque l’abilità difensiva di Wozniacki a terminare il lavoro. E con quella poteva stare al passo di chiunque. Anche contro Serena — che ha vinto 10 degli 11 scontri diretti — per cinque volte è andata al terzo set. Nel 2010 e 2011, ha vinto quasi l’80% delle partite, tra cui 16 su 24 contro le prime 10. Semplicemente, negli Slam non ha funzionato.
Tanti detrattori del suo stile di gioco
I tifosi avevano avuto tempo di adattarsi all’idea di una numero 1 del mondo senza Slam all’attivo: prima di Wozniacki, Jelena Jankovic infatti aveva mantenuto la posizione per 18 settimane tra il 2008 e il 2009, e Dinara Safina per metà del 2009. Si poteva considerarle possibili contendenti a un titolo Slam al momento dell’ascesa al trono. Jankovic aveva due semifinali Slam, raggiungendo la prima finale dopo aver ottenuto (e temporaneamente abbandonato) il numero 1. Safina aveva perso la finale degli Australian Open e poi quella del Roland Garros dove era testa di serie numero 1. Entrambe inoltre, almeno nei momenti migliori, sembravano delle numero 1. Jankovic possedeva un gioco da fondo scoppiettante e offensivo e Safina, dall’alto dei suoi 185 cm, riusciva a spostare le avversarie fuori dal campo di pura potenza. Pur non avendo mai vinto uno Slam, avevano i mezzi per poterlo fare.
Per Wozniacki era diverso. Dopo la finale degli US Open 2009 persa contro Clijsters, negli ultimi quattro Slam prima di strappare a Serena il numero 1 aveva raggiunto una semifinale, un quarto di finale e due ottavi. Aveva lasciato Wimbledon 2010 con un secco 2-6 0-6 per mano di Petra Kvitova e in quelle sconfitte solo un’avversaria, la numero 8 Vera Zvonareva, era tra le prime 16. Era comprensibile che regnasse scetticismo, specialmente di fronte ai risultati di poco migliori negli Slam da numero 1 del mondo, con i detrattori che non esitavano a dissezionare il suo stile di gioco. Dopo essere ritornata al vertice con una solida vittoria per 6-1 6-3 contro Svetlana Kuznetsova a Dubai, Wozniacki aveva commentato: “Se non ho le armi giuste io, cos’hanno allora le altre? Visto che sono la numero 1, significa che qualcosa lo faccio per bene. Non penso che critichino me per partito preso, ma dovrebbero essere le altre a vederla come offesa”.
È vero che molti degli attacchi non erano rivolti a Wozniacki, anche se la sua parte non mancava affatto. Spesso il sistema stesso di classifica era oggetto di obiezioni, perché premiava quelle giocatrici che si davano da fare di settimana in settimana, vincendo tornei minori e realizzando prestazioni dignitose negli Slam. Con un metodo che avesse assegnato agli Slam maggiore importanza, Serena non avrebbe perso il numero 1, anche giocando pochi eventi. Eppure i traguardi di Wozniacki sono più che un capriccio statistico. Stando alle mie valutazioni Elo, un algoritmo ben lontano da quello che determina le classifiche WTA, sarebbe stata al numero 1 già alla fine del 2009. Elo le assegna 35 settimane da numero 1 — meno di quelle ufficiali — ma comunque evidente segno del valore di Wozniacki. Mai la giocatrice più temuta, ma probabilmente la migliore del circuito per due terzi di stagione.
Difesa a oltranza
Nel corso della carriera, Wozniacki è stata costantemente destinataria dello stesso consiglio non richiesto da parte di commentatori, giornalisti, tifosi: troppo passiva, non può attaccare di più? Anche solo un po’ più di così? Wozniacki ha portato il tennis di difesa a un nuovo livello. Nel database del Match Charting Project ci sono più di 100 sue partite. Secondo l’Indice di Offensività, che quantifica la frequenza con cui le giocatrici chiudono lo scambio (positivamente o negativamente), Wozniacki è tra le quattro giocatrici più passive dell’insieme.
Giocatrice Offensività Sara Sorribes Tormo -135 Sara Errani -96 Arantxa Sanchez Vicario -92 Caroline Wozniacki -88 Monica Niculescu -86 Agnieszka Radwanska -86 Gabriela Sabatini -83 Chris Evert -78 Alize Cornet -76 Yulia Putintseva -75
Le tre che la precedono sono specialiste della terra battuta, rispetto a Wozniacki che si trovava più a suo agio su campi in cemento. È un tipo di gioco in rapido decadimento. Di recente, tra le giocatrici di vertice la più passiva è Elina Svitolina, con un valore di -49, mentre la media in carriera per Halep è -34. Halep è più vicina al valore medio di 0 di quanto non lo sia alla passività di Wozniacki. Nonostante la convinzione diffusa, le abilità difensive di Wozniacki erano un elemento a favore, non contro. Nella finale degli Australian Open 2018, vinta in quasi tre ore di gioco intenso, ha realizzato 24 vincenti e commesso 24 errori non forzati, rispetto ai 38 e 45 di Halep, per un Punteggio Offensivo di -109. Nella finale delle Finali di stagione 2017, ha realizzato 19 vincenti e commesso 7 errori non forzati, rispetto ai 31 e 39 di Venus. Punteggio Offensivo di -160.
C’erano volte in cui la resistenza di Wozniacki al cambiamento sembrava quasi una farsa. Era risaputo che la prima di servizio avesse una sequenza precisa: esterna sul primo punto del game, al centro nei successivi due e esterna sul quarto punto. L’ha mantenuta per quasi l’80% delle volte e, in alcune partite, mai abbandonata. Una prevedibilità così marcata suona come ricetta del disastro. Si fosse trovata nel tennis di un decennio dopo, contro giocatrici alla risposta estremamente aggressive come Jelena Ostapenko e Aryna Sabalenka, sarebbe stata una tortura (nelle quattro partite contro Ostapenko ha sempre perso). La maggior parte delle volte non sembrava però avere importanza più di quanto già non sembrasse averla il suo dritto mediocre. Sul 4-4 del terzo set della finale degli Australian Open 2018, era rimasta fedele al piano, servendo esterno, al centro, al centro, esterno contro Halep. I due servizi al centro non erano nemmeno così vicini alla riga. Pur con un doppio fallo sul 40-15, ha conquistato il game.
La maratoneta
All’inizio del 2018, tre anni dopo aver corso la maratona di New York, Wozniacki dava l’impressione di gestire gli Slam come una corsa di fondo. In precedenza, aveva raggiunto la seconda settimana solo in due occasioni su undici, perdendo facilmente da Angelique Kerber nell’unica apparizione in semifinale. Serena non avrebbe partecipato agli Australian Open per infortunio, lasciando il tabellone aperto a chiunque. Le quote stabilivano ben sei co-favorite: Wozniacki, Halep, Kerber, Svitolina, Karolina Pliskova e Garbine Muguruza.
Wozniacki era la testa di serie numero 2, ma non sentiva la pressione. Al secondo turno contro la numero 119 Jana Fett, salva due palle match, esattamente quel tipo di situazione da spalle al muro che l’aveva tormentata spesso negli Slam. Poi il tabellone le consente di raggiungere la finale senza affrontare avversarie tra le prime 20. Il trionfo arriva in una serata calda e umida dopo una guerra di nervi conto Halep, altrettanto determinata nel gioco difensivo. Wozniacki è stata prevedibile, passiva ma migliore quanto è bastato, vincendo per 7-6(2) 3-6 6-4.
Esattamente sei anni dopo aver ceduto la prima posizione mondiale a Victoria Azarenka nel 2012, Wozniacki se l’è ripresa. Nessuna giocatrice aveva mai recuperato il numero 1 dopo un periodo così lungo e questa volta non c’erano dubbi che se lo meritasse. Per la vincitrice Slam e numero 1 del mondo Wozniacki, si è sempre trattato di una maratona, una in cui era lei a decidere quando tagliare il traguardo. ◼︎