Pubblicato il 7 aprile 2022 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati
A inizio anno, Jeff Sackmann si è imbarcato in un immenso progetto di elaborazione di una classifica dei 128 giocatori e giocatrici più forti di tutti i tempi, ponendosi l’obiettivo di terminare a dicembre 2022. Con una media di più di 2000 parole per singolo profilo, si tratta di una vera e propria enciclopedia di chi è chi nel tennis, dalla sua nascita a oggi. Per limiti di tempo e più evidenti limiti di talento, settesei.it propone una selezione delle figure maggiormente rappresentative per vicinanza d’epoca e notorietà, n.d.t.
Ashleigh Barty [AUS]
Data di nascita: 24 aprile 1996
Carriera: 2012-2022
Gioco: destro (rovescio a due mani)
Massima classifica WTA: 1 (24 giugno 2019)
Massima valutazione Elo: 2220 (prima nel 2021)
Slam in singolo: 3
Titoli WTA in singolo: 15
// Agli Australian Open di quest’anno, Jessica Pegula ha detto di Ashleigh Barty “fa tutto leggermente meglio delle altre”. E lei dovrebbe saperlo, visto che poi nei quarti di finale ha perso per 6-0 6-2 contro Barty in poco più di un’ora. Nel tennis femminile moderno, un margine anche ridotto è sufficiente a separare una giocatrice dal resto del gruppo. Il circuito è pieno di giocatrici di talento che non sono riuscite a emergere in modo netto sulle colleghe. Nei due anni e mezzo precedenti la salita di Barty al numero 1 della classifica a giugno del 2019, in sette si sono scambiate quella posizione e tutte, tranne Caroline Wozniacki, sono ancora in attività, con nuove contendenti ogni anno.
Senza togliere al commento di Pegula, la distanza tra Barty e le altre è sembrata clamorosamente enorme. Quando ha annunciato il suo ritiro a febbraio, non aveva perso un set nelle ultime dieci partite, e solo due avversarie l’avevano tenuta in campo per più di 75 minuti. Iga Swiatek, la numero 2, era dietro di 2200 punti. Nelle ultime tre stagioni, Barty ha giocato 23 partite contro una delle prime 10, vincendone 19. È passato molto tempo prima che la WTA potesse dare sfoggio di una numero 1 così superiore. In alcuni comparti di gioco, come precisione del dritto ed esecuzione tattica spietata, Barty probabilmente era solo appena sopra alle più forti. Ma in altre aree, a malapena si poteva usare lo stesso metro di valutazione. È stata una delle poche nel nuovo millennio a ricorrere al rovescio tagliato, un colpo che quasi tutte usano come ultima spiaggia. Pur tra le più basse, ha ottenuto più dal servizio di chiunque altra. Per anni, gli appassionati si difendevano da chi giudicava noioso il tennis femminile citando sempre lo stesso nome, Barty. Con il suo ritiro a soli 25 anni, il tennis perde una delle sue giocatrici migliori e più eccezionali.
Il rovescio tagliato
Nel Match Charting Project ci sono 28 partite con dati punto per punto di Barty del 2021, nelle quali ha tagliato il 68% dei colpi a rimbalzo di rovescio. La media del circuito è il 13% e visto che su quel numero incide il gioco di Barty e di poche altre fuori dal coro, la mediana in realtà è un paio di punti percentuali ancora più bassa. Quale sia il valore che preferite più rappresentativo, Barty colpisce tagliato più di cinque volte la sua tipica avversaria. Tra le generazioni del passato, specialmente nel tennis maschile, il rovescio tagliato sopperiva alla debolezza dei colpi di piatto o con effetto. Si potrebbe quindi pensare che una giocatrice che ricorre spesso al colpo tagliato non sia così forte nello scambio da fondo. Anche se in effetti i colpi tagliati di Barty non reggevano la potenza devastante del rovescio di Aryna Sabalenka o la solidità quasi invincibile di quelli di Simona Halep, comunque si faceva rispettare.
Il grafico dell’immagine 1 mostra tutte le giocatrici delle prime 50 con almeno cinque partite nel database risalenti alle 52 settimane precedenti il torneo di Miami di marzo. L’asse delle ascisse indica la percentuali di rovesci tagliati (come frazione del totale dei rovesci a rimbalzo), dal 2% di Alison Riske fino al 68% di Barty. L’asse delle ordinate indica i punti vinti alla risposta, dal 39.8% per Liudmila Samsonova al 48.5% di Halep.
IMMAGINE 1 – Percentuale di rovesci tagliati e punti vinti alla risposta (PVR)
Una visualizzazione di questo tipo consente di enfatizzare quanto sia estremo il 68% di Barty: la giocatrice che la segue subito dopo è Sara Sorribes Tormo, con il 48.5%, e la sua rigida testarda passività è del tutto inusuale. Il grafico mostra anche che, seppur Barty non fosse tra le migliori alla risposta come Halep, Sorribes Tormo o Swiatek, comunque era sopra alla media. Dopo Indian Wells, ta le prime 50 del circuito era la sedicesima per percentuale di punti vinti alla risposta. Non esiste una forte correlazione tra percentuale di colpi tagliati e punti vinti alla risposta, e per le giocatrici che fanno affidamento sul taglio è possibile costruire un gioco alla risposta molto efficace intorno a un colpo tipicamente difensivo.
Gli opinionisti tendono ad attribuire eccessiva enfasi alla novità portata da Barty con il rovescio tagliato, di contro però non mancano prove della sua dimestichezza anche con rovesci classici. In media, le avversarie servivano molto più spesso sul rovescio di Barty, quasi il doppio delle volte dal lato dei vantaggi. Nonostante questo, di fronte a un servizio esterno, Barty vinceva lo stesso numero di punti a prescindere dal lato di campo. Le sue risposte vincenti erano inferiori alla media del circuito, ma anche per le giocatrici più aggressive è un numero che raramente va in doppia cifra. I vincenti alla risposta sono più da highlight televisivi che per un approccio tattico coerente. Con il rovescio tagliato, Barty era invece capace di neutralizzare stabilmente il punto e ribaltare il vantaggio al servizio delle avversarie.
La maestria nel servizio
Dove però Barty ha veramente preso il sopravvento sulle altre è stato nel servizio. Tra il torneo di Miami 2021 e il ritiro, ha vinto il 65.5% dei punti al servizio. Le prime 50 della classifica sono condensate in un intervallo di 12 punti percentuali, tra Barty e il 53.4% di Sorribes Tormo, e comunque Barty si è ritirata con tre punti percentuali in più della seconda, Belinda Bencic.
A fatica si trova una categoria associata al servizio che Barty non ha dominato. Sempre nello stesso periodo di riferimento, da Miami 2021, ha servito il 10.4% di ace, per un primo posto in condivisione con Karolina Pliskova. Ha vinto il 76% dei punti sulla prima, più di 4 punti percentuali sopra la seconda, Elena Rybakina. Solo Barty e altre due giocatrici tra le prime 50 hanno vinto più della metà dei punti sulla seconda.
Se si mettono insieme questi numeri, si scopre che Barty ha tenuto il servizio per quasi l’84% dei game. Nessun’altra giocatrice è andata oltre il 78% e tra gli uomini meno di un terzo dei primi 50 — in un tennis molto più vincolato al servizio — ha reso quanto Barty. Anche Serena Williams ha vinto punti al servizio con una frequenza superiore al picco di Barty solo in una manciata di stagioni. Spero che si capisca che quello di Barty non era solo un buon servizio, che non era solo leggermente meglio del servizio delle altre: era probabilmente il colpo singolo di maggior peso nel tennis femminile. E non avrebbe dovuto mai essere così. Barty è alta 166 cm, contro i 175 cm di Serena, i 180 cm di Osaka e i 186 cm di Pliskova, l’unica a eguagliarla negli ace.
il grafico dell’immagine 2 mostra l’altezza (ascisse) e la percentuale di punti vinti al servizio (ordinate) per le prime 50 della classifica al momento del ritiro di Barty.
IMMAGINE 2 – Altezza e percentuale di punti vinti al servizio (PVS)
Non serve un grafico di dispersione per sapere che chi è più alta tende a servire meglio di chi è più bassa, ma anche questo lo conferma. Le tre giocatrici tra le prime 50 più basse di Barty — Camila Osorio, Jasmine Paolini, e Yulia Putintseva — sono tra le più deboli al servizio del gruppo. Le più alte del circuito compaiono nella maggior parte delle migliori al servizio. E poi c’è Barty. È quasi come se Diego Schwartzman rendesse di più al servizio di John Isner. Il colpo distintivo di Barty era così naturale e costante che raramente ci si è accorti di quanto fosse fuori dal comune.
Rimane una domanda chiave che non ha ancora trovato risposta. Come ha fatto una delle giocatrici più basse del circuito ad avere risultati simili a quelli di Serena? Barty aveva meno potenza al servizio di molte delle avversarie. Agli Australian Open 2022, venti giocatrici hanno servito almeno una volta a 185 km/h, ma non Barty, che però ha recuperato lo svantaggio facendo tutto alla perfezione, dalla tecnica alla tattica, come dimostra la vittoria finale. La statistica al servizio in cui Barty effettivamente si trovava indietro rispetto alla media del circuito era la frequenza delle prime. Tipicamente, tra le prime 50 si serve con il 62% di prime, un valore che per Barty nelle ultime 52 settimane era del 59%, nella necessità di essere più aggressiva per sopperire alla mancanza di centimetri e servire così tanti ace.
Alto rischio, alto rendimento
Prime di servizio ad alto rischio erano una scelta tattica particolarmente importante sulla terra. Paul McNamee, vincitore di cinque Slam in doppio, spiega: “Se sulla terra servi una prima all’80%, la palla torna indietro. Non necessariamente accade lo stesso sul cemento”. Barty ha esteso il ragionamento a ogni superficie, mirando agli angoli in quasi tutte le prime e, grazie a una tecnica sopraffina, le avversarie raramente erano in grado di capire quale angolo avesse scelto. Un altro motivo per osare di più con la prima è che la seconda di servizio, quantomeno rispetto alla media del circuito, era, possibilmente, ancora più incisiva. Barty infatti utilizzava una seconda con molto più effetto delle colleghe, costringendole a risposte scomode ad altezze a cui non sono abituate. Craig Tyzzer, l’allenatore di Barty, dice: “Alla maggior parte delle giocatrici piace ricevere la palla all’altezza dei fianchi, ma con un servizio a effetto carico di rotazione, il rimbalzo schizza via e cambia spesso direzione. Non ci sono molte giocatrici che servono con l’effetto, quindi è decisamente un elemento di separazione”.
Barty ha dichiarato che l’attenzione al servizio “è più su dove mando la palla, pensando a che tipo di risposta tornerà in campo e a come cerco di impostare il resto dello scambio”. Come visto, i suoi ace erano copiosi, ma non ce ne sarebbe stato bisogno. Anche se ogni servizio avesse avuto risposta, si sarebbe trovata in una posizione favorevole per chiudere il punto al suo secondo o terzo colpo. Non c’è una soluzione specifica al dilemma imposto dalla bravura al servizio di Barty, e a questo riguardo Pegula ha ragione. Barty faceva tutto leggermente meglio, e quando aumenti di efficienza in molteplici dettagli del servizio si sommano tra loro, il risultato finale è un’arma devastante.
Un’ulteriore qualità distingue Barty da una giocatrice qualsiasi, come ampiamente documentato sulle pagine dei giornali. Anche prima del suo improvviso ritiro, interpretava il tennis con il giusto spirito, sempre pronta a ritagliarsi pause, anche al massimo della condizione. Non ha mai giocato più di venti tornei all’anno, abbandonando definitivamente il circuito in una delle stagioni più dominanti di recente memoria. La sua classifica finale si basava su tredici tornei mentre, ad esempio, Barbora Krejcikova ne aveva giocati il doppio e Paula Badosa era arrivata a ben 31.
Barty ha saltato interamente il 2015 e, nel 2020, è rimasta in Australia per non dover affrontare le restrizioni imposte dagli US Open e dal Roland Garros a causa dalla pandemia. Queste interruzioni sono state strategicamente intelligenti come ogni altra parte del suo gioco. Al rientro infatti la forma era spesso migliore. Dopo la prima lunga assenza, aveva vinto subito un torneo in doppio, per poi vincere 13 partite su 17 in singolo. Quasi un intero anno senza competizioni durante la pandemia non le aveva impedito di vincere poi il primo torneo giocato nel 2021. Cinque mesi dopo alzava il trofeo a Wimbledon.
Leggermente meglio
Nell’ultimo ventennio abbiamo assistito a diversi rientri di alto profilo sul circuito femminile da indurre a pensare che anche Barty possa riprendere la racchetta. La sua personalità suggerisce che non sarà cosi, e i risultati ottenuti non la spingono a dover dimostrare altro, almeno nel tennis. Magari verrà fuori che fa tutto leggermente meglio anche in questa nuova avventura. ◼︎