Pubblicato il 26 maggio 2022 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati
A inizio anno, Jeff Sackmann si è imbarcato in un immenso progetto di elaborazione di una classifica dei 128 giocatori e giocatrici più forti di tutti i tempi, ponendosi l’obiettivo di terminare a dicembre 2022. Con una media di più di 2000 parole per singolo profilo, si tratta di una vera e propria enciclopedia di chi è chi nel tennis, dalla sua nascita a oggi. Per limiti di tempo e più evidenti limiti di talento, settesei.it propone una selezione delle figure maggiormente rappresentative per vicinanza d’epoca e notorietà, n.d.t.
Andy Roddick [USA]
Data di nascita: 30 agosto 1982
Carriera: 2001-2012
Gioco: destro (rovescio a due mani)
Massima classifica ATP: 1 (3 novembre 2003)
Massima valutazione Elo: 2181 (primo nel 2003)
Slam in singolo: 1
Titoli ATP in singolo: 32
// Facciamo finta per un attimo di non sapere chi è il giocatore di cui parlerò a breve. Osserviamo il grafico dell’immagine 1 relativo ai punti vinti al servizio, per ogni anno di un intervallo di dieci, e cerchiamo di scegliere la stagione migliore.
IMMAGINE 1 – Punti vinti al servizio per stagione
Emerge il 2005, sia perché il 72.7% è il valore più alto di qualsiasi stagione del periodo, sia perché è considerevolmente superiore sia agli anni immediatamente precedenti che a quelli immediatamente successivi. Se si considerano più anni, gli ultimi quattro sono i migliori. I punti vinti al servizio possono essere ingannevoli, perché un giocatore potrebbe avere una fase di rendimento decisamente alto o una ugualmente scadente nelle situazioni di pressione della partita. Una metrica del servizio più correlata al risultato finale è la percentuale di servizi tenuti. Ecco di nuovo lo stesso giocatore, per lo stesso decennio, rispetto alla frequenza con cui ha tenuto il servizio.
IMMAGINE 2 – Servizi tenuti per stagione
L’andamento è simile al precedente grafico e anche in questo caso il 2005 risulta la stagione migliore. Non c’è un grande scostamento di anno in anno, con sette anni su dieci nei quali la percentuale è di mezzo punto inferiore al 91% che, vale la pena sottolineare, è un valore altissimo. Per fare un esempio, la media in carriera di John Isner è del 91.8%. Anche il risultato del 2002, lontano dagli altri e inferiore all’88%, è una percentuale incredibile: fare il break a questo giocatore è sempre molto difficile.
Ancora un grafico. Finora non ho tenuto conto dei punti alla risposta, in parte perché per questo giocatore il servizio era predominante, in parte perché anche per le variazioni anno su anno nei punti alla risposta c’è una dinamica abbastanza simile a quella del rendimento al servizio. Merita comunque avere un quadro d’insieme. L’indice di dominio o Dominance Ratio (DR), equivalente al rapporto tra la percentuale di punti vinti alla risposta e punti persi al servizio, tiene conto di entrambe le situazioni di gioco. Un giocatore che vince metà dei punti avrà un DR di circa 1.0; il valore 1.2 è molto buono e un valore di 1.3 di solito garantisce un posto tra i primi cinque, se non anche in cima. L’immagine 3 mostra il DR per il periodo considerato.
IMMAGINE 3 – Indice di dominio (DR) per stagione
La stagione 2004 diventa ora quasi altrettanto concreta quanto il 2005, la migliore, con gli altri anni sensibilmente peggiori. Tralasciando il debole rendimento del 2007, con solo il 34% di punti vinti alla risposta, l’intero arco dal 2003 al 2010, o quantomeno dal 2003 al 2009, si presenta piuttosto solido.
E si, naturalmente, questi numeri sono di Andy Roddick, quel Roddick la cui carriera sul campo è spesso associata a una sola grande stagione, quando ha vinto gli US Open e terminato l’anno al numero 1 del mondo. Quell’anno non è il 2005, né il 2004, ma il 2003 che, per quanto ne dicano le statistiche, è stato per Roddick memorabile: prima di compiere appena 21 anni ad agosto, ha iniziato con una semifinale agli Australian Open, vinto poi titoli sulla terra e sull’erba e raggiunto la seconda semifinale in uno Slam a Wimbledon. Sul cemento americano è stato quasi imbattibile, vincendo quattro tornei su cinque tra Indianapolis a luglio e gli US Open a settembre, battendo a sorpresa anche Roger Federer al Canada Masters. La stagione era partita con Roddick a ridosso dei primi 10. Arriva poi a New York come testa di serie numero quattro e ne esce da nuovo numero 2 della classifica, per diventare il numero 1 a fine stagione. Sembrava non ci fossero limiti per il texano iperattivo dal servizio elettrizzante. Agli Australian Open 2004 perde però contro Marat Safin nei quarti di finale, Federer vince il torneo e gli strappa la prima posizione mondiale. Ciò che è venuto dopo è ormai storia nota. Trascorse 237 settimane, quando Federer alla fine è costretto ad abdicare al trono, Roddick non è più tra i giocatori che possono contendersi il primato: nell’agosto 2008 Rafael Nadal diventa numero 1 e Roddick è all’ottavo posto.
Riproponiamo il grafico dell’indice di dominio, questa volta con l’aggiunta dei punti classifica di Roddick alla fine di ogni stagione (il sistema di punteggio cambia tra il 2008 e il 2009, e i punti per il 2009-2010 sono aggiornati di conseguenza). Il DR di Roddick oscilla tra alti e bassi, ma i punti vanno in una sola direzione.
IMMAGINE 4 – Indice di dominio (DR) e punti classifica
Le statistiche, almeno quelle mostrate sinora, non raccontano tutta la verità.
In termini di prestazione sul campo, Roddick è migliorato dopo l’esplosione del 2003, e i suoi anni di punta sono stati il 2004 e il 2005. Se si guarda alla classifica invece, senza poi menzionare il sempre presente conteggio degli Slam vinti, sembra che le cose siano precipitate più o meno immediatamente dopo la vittoria dell’unico Slam, contro Juan Carlos Ferrero in tre set. Chi ha ragione? Le statistiche potrebbero ingannarci, e le stagioni 2004 e 2005 (e restanti) non sembrare così valide. In alternativa, se è la classifica a portare fuori strada, potremmo aver sottostimato un giocatore dal tempismo sfortunato. Ci sono varie possibili spiegazioni allo scontro tra interpretazioni, e queste sono le tre che reputo più avvincenti.
- Roddick ha avuto fortuna, cioè non meritava nel 2003 il numero 1 della classifica (e magari nemmeno la vittoria agli US Open)
- Non è peggiorato, ma la concorrenza l’ha superato. Detta in altro modo: è arrivato Federer
- Il suo calendario è diventato più accomodante, forse perché ha deciso di giocare meno tornei sulla terra o perché ha scelto eventi con avversari più deboli. Se vero, le statistiche di quelle stagioni sarebbero gonfiate artificialmente. Proviamo ad analizzarle una per una
Ha avuto fortuna
Sulla percezione di questa teoria incide molto il peso che si assegna ai tiebreak del set decisivo. Roddick ne ha giocati 42 in carriera, vincendone 27 per un rispettabile 64% di successo. La percentuale complessiva in carriera di vittoria nei tiebreak è altrettanto buona, al 62%. Nel 2003, ha giocato 8 tiebreak nel terzo set, vincendone 6. Uno di questi lo ha perso contro Rainer Schuettler nelle Finali di stagione dopo essersi assicurato il numero 1 della classifica, quindi i più rilevanti diventano 7, di cui ne ha perso solo uno. Quasi tutti questi tiebreak hanno avuto un impatto sostanziale sulla classifica di Roddick, o perché all’interno di partite importanti, o perché ha evitato di perdere nelle fasi iniziali di un torneo in cui poi ha ben figurato. Nel secondo turno di Memphis è riuscito vincere solo di poco contro Hyung-taik Lee, per poi raggiungere la finale. Nella semifinale del Queen’s Club contro Andre Agassi ha vinto il tiebreak decisivo 8-6, per poi vincere la finale il giorno dopo. Ha evitato per un soffio la sconfitta nel primo turno di Indianapolis contro il numero 101 Cyril Saulnier e da li ha poi vinto il torneo.
Più importante ancora: gli è servito il tiebreak al terzo set per battere Federer a Montreal (e poi vincere il titolo) e ha vinto di misura la finale del Cincinnati Masters contro Mardy Fish per 4-6 7-6(3) 7-6(4). E poi c’è stata la semifinale degli US Open contro David Nalbandian. Il tiebreak del terzo set non ha deciso il risultato, perché era una partita al meglio dei cinque, ma si è rivelato altrettanto cruciale di quelli contro Federer e Fish. Nalbandian vince i primi due set e si guadagna un punto del match sul 6-5 per lui e servizio Roddick, ma non riesce a rispondere a nessuno dei due servizi successivi. Perde il tiebreak 7-9 e subisce un tracollo, lasciando gli ultimi due set a Roddick per 1-6 3-6. La parola “fortuna” forse non è la più giusta. Un modo migliore per rendere il concetto è pensare a una discrepanza tra le statistiche punto per punto e il rendimento complessivo. In termini di DR, una vittoria ottenuta con un tiebreak nel set decisivo non è un buon segno. Per fare un esempio estremo, il DR di Roddick nella vittoria contro Saulnier è stato di 0.84, una valore sotto la media che quasi sempre significa che il giocatore ha perso. Questa discrepanza apre a una nuova domanda: le statistiche punto per punto sottostimano Roddick, perché in realtà si poteva fare affidamento sulla sua capacità di vincere molte di quelle partite equilibrate? O era destinato comunque a rientrare nella norma?
La risposta è probabilmente una via di mezzo: un giocatore dal servizio bomba si troverà quasi sempre in partite decise da margini risicati, ma non può pensare di vincerne più di tante. Questo spiega in parte la differenza tra il Roddick del 2003 e quello, ad esempio, del 2006, quando il DR dell’intera stagione era identico, ma ha vinto 3 tiebreak nel set decisivo su 6, e non sei su otto. Non giustifica però la perdita di punti in classifica tra il 2003 e il 2004. Per questo, serve un altro elemento determinante.
È arrivato Federer
Nel 2003, Roddick ha vinto 72 partite e ne ha perse 19. Nel 2004, ne ha vinte 74 e perse 18. Come nei grafici iniziali, sono numeri che suggeriscono che nella seconda stagione è stato altrettanto forte che nella prima, possibilmente anche di più. Solo che in quella seconda stagione, anche Federer ha vinto 74 partite…ma ne ha perse solo 6. È stato il primo anno che un giocatore ha vinto tre prove Slam su quattro da Mats Wilander nel 1988. Roddick non aveva speranze. Al momento della vittoria degli US Open 2003 in settembre, Federer lo aveva battuto quattro volte su cinque e, come visto, la vittoria di Roddick aveva richiesto il tiebreak al terzo set. Quando ha giocato il primo torneo da numero 1, le Finali di stagione 2003, Federer lo ha battuto in semifinale. Nel 2004 hanno giocato altre tre volte, tutte in finale, tra cui la quella di Wimbledon: Roddick è riuscito a vincere solo un set.
Federer, naturalmente, non se ne sarebbe andato da nessuna parte. Delle cinque finali Slam raggiunte in carriera da Roddick, quattro sono state contro Federer e — anche se ha vinto un set in tre di quelle e si è spinto fino al 14 pari nel set decisivo a Wimbledon 2009 — non è mai riuscito a vincere. Hanno totalizzato 24 scontri diretti, con Federer che ne ha vinti 21 tra cui undici di fila, dalle Finali di stagione 2003 alle Finali di stagione 2007. Roddick ha chiuso il 2004 al numero 2 e, non fosse stato per Federer, probabilmente sarebbe rimasto al vertice. Ma c’è dell’altro. La presenza di Federer è il motivo che ha impedito a Roddick di mantenere il primo posto. Quando però a luglio 2016 Roddick ha perso al terzo turno di Wimbledon contro Andy Murray e non è riuscito a difendere i punti della finale dell’anno precedente, la sua classifica è scesa fuori dai primi 10. Stando alle statistiche, il livello di gioco era ancora alto, con un DR di 1.28, lo stesso ottenuto nel 2003: nonostante questo ha finito l’anno non solo dietro a Federer e Nadal, ma anche Nikolay Davydenko, James Blake e Ivan Ljubicic.
Il suo calendario è diventato più accomodante
In carriera Roddick ha vinto 32 tornei, la maggior parte dei quali con caratteristiche comuni. Più della metà erano negli Stati Uniti e tipicamente sul cemento. Ha vinto anche una manciata di titoli sulla terra, tre di questi però su quella rapida e artificiale di Houston, e solo uno in Europa. La maggior parte inoltre sono tornei di seconda fascia. Solo due volte ha battuto in finale uno dei primi 10 e in altre nove la vittoria è arrivata contro un giocatore fuori dai primi 50. Sulla carta quindi, dopo una fase iniziale di successo sul circuito, il calendario di Roddick sarebbe diventato più “facile”, cioè meno partite sulla terra (tranne Houston) e più tempo in campo contro avversari minori. Se così fosse per entrambe le circostanze, le statistiche sarebbero migliori mentre la classifica non trarrebbe grande beneficio. La presenza sulla terra è effettivamente diminuita: nel 2003, Roddick ha giocato 21 partite di cui cinque a Houston e, escludendo Houston, non ne ha più giocate in doppia cifra in una sola stagione. Dal 2007 poi ha eliminato anche Houston. I suoi avversari invece non sono peggiorati, anzi, ben il contrario. L’immagine 5 mostra la classifica mediana degli avversari per ogni stagione dal 2001 al 2010.
IMMAGINE 5 – Classifica mediana degli avversari per stagione
Nel 2003 e 2004, la classifica mediana degli avversari era appena dentro i primi 50. Dal 2005 al 2007, l’avversario tipico era più vicino alla 45esima posizione, per diventare poi sempre più forte. Nella ragionevole ipotesi della classifica come approssimazione della bravura dell’avversario, il calendario di Roddick è diventato più competitivo nel corso del decennio, anche se ha giocato più spesso sulla sua superficie preferita.
Che cosa si può concludere?
Se si dà credito alle statistiche mostrate in partenza, a fine decennio Roddick è rimasto più o meno lo stesso giocatore del 2003, anche se all’ottavo posto in classifica. L’arrivo di Federer ha cancellato le speranze per Roddick di una seconda volta al numero 1 a fine stagione, e da li in avanti è stata una discesa continua. Anche se invocare la fortuna in via esclusiva è limitativo, la stagione 2003 in cui Roddick è diventato numero 1 era in ogni caso estremamente difficile da replicare. Le vittorie consecutive ai Masters in Canada e Cincinnati non solo hanno richiesto un paio di tiebreak al terzo set, ma si sono verificate in un contesto competitivo in divenire. Federer e Sebastien Grosjean sono stati gli unici tra i primi 10 contro cui Roddick ha dovuto giocare ai Masters, e Ferrero l’unica testa di serie tra le prime 10 agli US Open.
Il resto del 2003 è stato un anticipo del resto del decennio, e non solo perché è terminato con una sconfitta per mano di Federer alle Finali di stagione. Roddick ha perso partite equilibrate contro Nalbandian (a Basilea) e Tim Henman (al Masters di Parigi Bercy), oltre, come detto, a perdere nel contro Schuettler al tiebreak del terzo set nel girone. In quell’anno ha vinto il 36.4% dei punti alla risposta, appena sopra il limite che ho definito come soglia minima per giocatori che aspirano a stare al vertice. Per tutta la carriera Roddick si è aggirato intorno a questo valore, vincendo il 37.5% dei punti alla risposta nel 2004 ma solo il 34% nel 2007. Non so come mai il limite è proprio al 36%, forse perché è estremamente raro trovare un giocatore tra i primi 5 che non è in grado di difendere così bene. E in quella zona di rendimento, ogni partita può diventare molto combattuta: Roddick però non ha più avuto modo di mettere insieme vittorie di misura, perché il livello della competizione si è alzato costantemente.
Nell’arco di un’intera carriera, un giocatore del calibro di Roddick si troverà tuttavia di fronte a un periodo in cui si allineano forma, freddezza sotto pressione e magari anche un po’ di fortuna per far vedere di cosa è capace. Nel 2009 è significato una finale al cardiopalmo a Wimbledon contro Federer, persa solo dopo più di quattro ore di gioco. Ma nella terra delle opportunità come è stato il 2003, Roddick ha centrato una serie di traguardi che, nel loro insieme, lo rendono degno esponente de I 128 del tennis. ◼︎