Il più grande archivio italiano di analisi statistiche sul tennis professionistico. Parte di Tennis Abstract

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I 128 del tennis — #120, Kei Nishikori

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Pubblicato il 22 febbraio 2022 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati

A inizio anno, Jeff Sackmann si è imbarcato in un immenso progetto di elaborazione di una classifica dei 128 giocatori e giocatrici più forti di tutti i tempi, ponendosi l’obiettivo di terminare a dicembre 2022. Con una media di più di 2000 parole per singolo profilo, si tratta di una vera e propria enciclopedia di chi è chi nel tennis, dalla sua nascita a oggi. Per limiti di tempo e più evidenti limiti di talento, settesei.it propone una selezione delle figure maggiormente rappresentative per vicinanza d’epoca e notorietà, n.d.t.

Kei Nishikori [JPN]
Data di nascita: 29 dicembre 1989
Carriera: 2007-presente (15+ stagioni)
Gioco: destro (rovescio a due mani)
Massima classifica ATP: 4 (2 marzo 2015)
Massima valutazione Elo: 2210 (terzo nel 2016)
Slam in singolo: 0
Titoli ATP in singolo: 12

// Niente Slam, niente Masters, nessuna semifinale in tre Slam su quattro, e appena nove settimane nei primi 4 della classifica. Che diavolo ci fa Kei Nishikori tra I 128 del tennis? La sua carriera si è svolta nel regno dei Fantastici Quattro, contro cui non ha mai avuto grandi soddisfazioni. Negli scontri diretti è 2 vinte e 18 perse contro Novak Djokovic, 2-12 contro Rafael Nadal, 2-9 contro Andy Murray e 3-8 contro Roger Federer. Le mie valutazioni Elo concordano con la classifica ATP sul fatto che Nishikori ha allentato la presa dei Fantastici Quattro sui primi quattro posti solo in concomitanza di infortuni di Federer o Nadal, a eccezione di un breve periodo in cui la valutazione Elo era identica a quella di Murray.

A metà degli anni 2010, saresti potuto essere un ottimo giocatore senza mai avere la possibilità di salire al numero 3 del mondo. Saresti potuto essere un giocatore molto bravo senza mai vincere un titolo per un decennio. I giocatori nati tra il 1985 e il 1995 non erano scarsi, solo che il loro tempismo è stato sfortunato. Sembra quindi che Nishikori e altri grandi di sempre passino alla storia con risultati sulla carta mediocri. Nello scorso decennio, per quattro o cinque anni Nishikori era il quinto giocatore più forte del circuito. Non aveva l’abilità di alzare il livello nelle due settimane di Slam come Stanislas Wawrinka. Non aveva la ruvida potenza di un Juan Martin del Potro, in grado di relegare i più forti ai margini del campo. La sua velocità però, il senso della posizione e la capacità di esecuzione del colpo lo hanno reso un fattore ogni volta che ha preso parte a tornei senza avere infortuni.

Pur non avendo mai oltrepassato il muro a difesa dei primi 3 in classifica, la rincorsa alla vetta non ha mancato di drammaticità. Con una nazione intera a seguirlo, da quando Nishikori è entrato nei primi 45 ha stabilito record su record per un giocatore giapponese. Questo lo ha reso enormemente popolare in patria, anche se non mai surclassato i Fantastici Quattro. Oltre allo status di eroe del Giappone, Nishikori si è distinto per la sorprendente abilità di vincere il set decisivo, anche se poi questo non si è tradotto in altrettanti trofei.

La grandezza nei set decisivi

Ne avevo scritto inizialmente nell’aprile del 2015. Allora aveva vinto 27 set decisivi su 30, una sequenza quasi imbattibile lunga più di un anno. E non era nemmeno così insolito per lui. Già nel 2011-2012 aveva incamerato 17 set decisivi di fila, parte di un altro 27 vinti su 30. Nessuno ne aveva mai vinti di più su trenta giocati, e solo nove giocatori — tra cui Djokovic, Federer, Nadal e Michael Chang – erano riusciti nell’impresa. Al 29 aprile 2015, il record di Nishikori nei set decisivi era di 75-20, cioè il 79%. Mai nell’era Open qualcuno ci si è avvicinato: Bjorn Borg era secondo al 75%, Djokovic in quel momento aveva il 74%, poi sceso al 73%. Gli altri sono sempre stati sotto al 70%. Infortuni e regressione verso la media hanno riportato Nishikori ad altitudini più basse, ma dopo quasi sette anni comunque mantiene un 72% (149-57), dietro solo a Borg e Djokovic. Va detto che più di 200 di quei set sono contro giocatori discreti che avrebbe dovuto battere senza perdere un set (ma anche Borg e Djokovic ne hanno). Però non toglie nulla al suo importante record: infatti è 42-28 contro giocatori tra i primi 20 (42-23 nel 2018), 25-17 contro i primi 10 (25-13 nel 2020), and 13-11 contro i primi 5. Nishikori forse non è tra i primi 100 di sempre, ma se la grandezza venisse misurata in maggiore incisività all’allungarsi della partita al terzo o quinto set, sarebbe tra i primi 10.

La bravura di Nishikori nei set decisivi non è in discussione. Dal 2000, ci sono 120 giocatori che hanno vinto il set decisivo di almeno 50 partite al meglio dei tre set. Di questo gruppo, Nishikori è secondo, preceduto solamente da Djokovic. Un altro modo per misurare l’aumento del livello di gioco nel set decisivo è di confrontare la percentuale di set decisivi vinti con la percentuale di set vinti complessivamente. I giocatori più bravi vincono la maggior parte delle partite, e di queste la maggior parte senza perdere set. Chi quindi li spinge al terzo set, quello decisivo, è, quasi per definizione, sopra alla media. Di conseguenza, la maggior parte vince set decisivi con una frequenza minore degli altri set. Wawrinka è il giusto esempio. Nelle partite al meglio dei tre, ha vinto il 63% dei set, contro solo il 58% dei terzi set. Più di tre quarti dei giocatori del ventunesimo secolo segue questa dinamica, perdendo più set decisivi dei set totali.

Per Nishikori è diverso. La percentuale di terzi set vinti non solo è superiore a quella del primo e del secondo set, ma eccede la sua stessa frequenza di set iniziali vinti di un margine più ampio di quello degli altri. Ha vinto infatti il 65% di set complessivi a fronte di un 71% nei set decisivi. Quella differenza di sei punti percentuali è di gran lunga migliore di quanto abbia fatto chiunque dei suoi colleghi. Solo un giocatore in attività, David Goffin, è arrivato a tre punti percentuali. Parte della spiegazione è da ricercare nella capacità di Nishikori di avere strisce vincenti. Non basta però, perché anche se un giocatore ha strisce vincenti, non significa necessariamente che le ottenga nei momenti giusti, come spesso è stato per Nishikori. In pochi però subiscono un andamento così altalenante nelle partite al meglio dei tre set come per Nishikori. Quando Nishikori arriva al terzo, i primi due set tendono a essere a senso unico. In media, vince 3.5 game nei set che perde e concede 3.5 game nel primo set che vince.

Estremi

Possono sembrare numeri di poco conto, ma in un mondo dai margini risicati come il tennis maschile, sono decisamente più estremi della media. Rispetto ai 120 giocatori con un record sostanzioso di set decisivi dagli anni 2000, solo 13 vincono meno game nei set che perdono (non sorprende sapere che Fabio Fognini guida la classifica con 3.1). Solo 17 invece perdono meno game nei primi set che vincono (un’altra conferma: Djokovic è in cima alla lista con 3.2). Una posizione da 13 o 17 su 120 giocatori non sconvolge, però solo tre giocatori sono più estremi di Nishikori in entrambe le categorie, e due sono terraioli, Alberto Martin e Guillermo Coria, mentre il terzo è Stefan Koubek. Nessun giocatore in attività gioca più partite che finiscono al terzo con primi e secondi set dall’andamento a senso unico.

I colleghi di Nishikori che vincono molti set decisivi lo fanno perché, banalmente, giocano benissimo a tennis. Djokovic è leggermente più efficace di Nishikori nelle partite al meglio dei tre che vanno fino in fondo, ma non è questione di magia. Vince il 78% di tutti i set rispetto al 65% di Nishikori. Ma Djokovic fa peggio nei set decisivi che negli altri set (ribadisco, perché gli avversari sono più forti) quando Nishikori riesce a diventare più letale. Per quanto fenomenale, il record di Nishikori nei set decisivi comunque non rende onore al salto di qualità che compie quando si trova in quelle circostanze di punteggio. Il passaggio dal secondo al terzo set (o dal quarto al quinto) ha il potere di trasformarlo da un giocatore mediocre che non riesce a vincere senza perdere un set, a uno che serve meglio, risponde meglio ed è un muro di gomma di fronte alle palle break da salvare.

Ho analizzato punto per punto di 108 set decisivi giocati da Nishikori per avere un’idea più precisa della trasformazione. È un campione di dati tra il 2011 e il 2018 più o meno casuale e di dimensioni significative (la maggior parte dei quali sono disponibili sulla mia pagina GitHub). Nishikori ha vinto il 63% dei punti al servizio nei primi e secondi set (o nei primi due nelle partite al meglio dei cinque set), ben peggio della sua media del 64.4% dal 2011 al 2018. Si tratta di avversari in queste partite più ostici di quelli che ha battuto senza perdere set, probabile spiegazione dell’intera differenza. Nei set decisivi del campione, la percentuale di punti vinti al servizio è salita al 66.4%.

Materiale che scotta

Un salto di tre punti percentuali è enorme, significa servire sopra la media in confronto a un servizio scadente. Usando un parallelo con il 2021, si va dall’equivalente di Marton Fucsovics a Denis Shapovalov. Un andamento simile lo si osserva nei turni alla risposta. Prima del set decisivo, Nishikori ha vinto il 37.8% dei punti, nel set decisivo il 40.7%. Il primo numero lo pone all’incirca nella media del circuito, mentre con qualsiasi valore maggiore del 40% si entra nell’élite. Con la partita nelle fasi finali, gli avversari con un servizio sopra la media diventano avversari con un servizio debole. Se Nishikori avesse trovato il modo di vincere due terzi dei punti al servizio e il 41% di quelli alla risposta contro ogni giocatore di vertice, avremmo parlato per tutto il decennio scorso di Grandi Cinque (e non quelli in cui il quinto è Wawrinka). Quei numeri sono vicini al rendimento tenuto da Murray in carriera. Una variazione così ampia spiega come Nishikori abbia dominato in dirittura d’arrivo.

C’è dell’altro però. Quando una partita si riduce a un solo set, un passaggio a vuoto può voler dire break, e un break può decidere l’esito: Nishikori ha acquisito la massima efficacia nel prevenirlo. Nei primi due set (o quattro) di queste partite, Nishikori ha salvato solo il 59% delle palle break, ben al di sotto della media in carriera, e non un numero di cui andare fieri. Solo una manciata di giocatori in attività dei primi 50 fa peggio di così. Ma nei set decisivi, Nishikori è arrivato a salvare il 68% delle palle break. Come per il gioco alla risposta sempre in questo frangente, si tratta di materiale che scotta. Djokovic ha vinto 3 Slam nel 2021 salvando il 67% delle palle break. Una variazione positiva di nove punti percentuali in questo tipo di statistica significa che gli avversari di Nishikori all’improvviso si sono trovati di fronte a un giocatore completamente diverso.

Tanti “cosa se?”

Il percorso di Nishikori è stato caratterizzato da protasi ipotetiche: cosa sarebbe stato se la sua carriera non avesse incrociato quella dei Fantastici Quattro? Cosa sarebbe stato se fosse rimasto lontano dagli infortuni (tra cui l’ultimo di pochi mesi fa)? Cosa sarebbe stato se Marin Cilic non avesse dominato la finale degli US Open 2014 con la sua migliore condizione di sempre? E si può andare avanti a lungo nell’elenco: cosa sarebbe stato se Nishikori avesse primeggiato in tutti gli altri set con la stessa attenzione e precisione del set decisivo? Ne abbiamo avuto un assaggio quando ha battuto Djokovic in semifinale agli US Open 2014 o quando ha sconfitto Nadal dopo quasi tre ore di gioco per vincere la medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Rio 2016.

Forse c’è motivo per essere ottimisti. Nishikori ha 32 anni, più giovane di Djokovic e Nadal e certamente con molta più esperienza dei rimanenti tra i primi 10. La scorsa estate ha battuto Andrey Rublev alle Olimpiadi di Tokyo 2020, e negli ultimi dodici mesi ha vinto un set contro Nadal Alexander Zverev e Stefanos Tsitsipas. La stagione 2022 è trascorsa recuperando dall’operazione all’anca, quindi la prospettiva più rosea è che rientri riposato e rafforzato. Nel 2021 ha mostrato sprazzi di tocco magico, vincendo 14 set decisivi su 22 tentativi. Non lo sappiamo, ma magari Nishikori ha ancora una fine stagione da numero 5. Chissà. ◼︎

The Tennis 128: No. 120, Kei Nishikori

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