Pubblicato il 13 dicembre 2021 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati
// Non tutti i punti sono uguali, ed è opinione diffusa che tra i più importanti non possono mancare, naturalmente, le palle break. I commentatori vanno pazzi per il punto sul 15-30. E poi c’è il primo punto del game a cui, per lungo tempo, la saggezza popolare ha assegnato valenza sproporzionata. In una precedente analisi ho mostrato che questa ipotesi è priva di fondamento. Non c’è dubbio che da 0-0 è meglio andare 15-0 e a nessun giocatore piace trovarsi subito 0-15. Il primo punto però non incide magicamente sull’esito del game se non essendo semplicemente uno dei punti necessari a vincerlo.
Eppure sono di nuovo qui a parlarne. Anche in assenza di magia occulta, succede che il giocatore alla risposta si aggiudica il primo punto troppo spesso. Con qualche minima modifica tattica o di concentrazione, i professionisti potrebbero sfruttare questa rara indicazione statistica per portare a casa qualche game al servizio in più.
Punto per punto
L’alternanza di punti vinti dal giocatore al servizio e da quello alla risposta è in larga misura determinata dalla situazione di punteggio. Se si esclude il tiebreak, nelle partite di singolare maschile agli US Open tra il 2019 e il 2021 chi era al servizio ha vinto il 63.6% dei punti. Però sul 40-0 ne ha vinti il 67.7%, mentre ai vantaggi solo il 59.6%.
I punteggi che generano distribuzioni così estreme danno idea di ciò che accade. Se un game è arrivato sul 40-0, probabilmente chi serve sa il fatto suo. Non è sempre così, ma prendendo tutti i 40-0 di una base dati più ampia comparirà più spesso un game al servizio tenuto da John Isner che da Benoit Paire. Ai vantaggi si verifica il contrario, perché è un punteggio in cui quasi mai Isner finisce per trovarsi. Quindi la differenza punto per punto nella percentuale di punti vinti al servizio non è (del tutto) attribuibile al punteggio, ma dipende dal giocatore che sta servendo.
Altre differenze sono più prosaiche. In media, chi è al servizio vince più punti sul lato delle parità rispetto a quello dei vantaggi. Sempre nei tre anni in esame, lo scarto era di 64.2% contro 62.9%. Qui non è un tema di distorsione selettiva: banalmente, il tipico giocatore è più forte in quella direzione. Alcuni giocatori, in particolare i mancini, si distinguono dal gruppo, ma la maggior parte avrà a preferenza il lato delle parità. Ad esempio, sia Novak Djokovic che Roger Federer vincono quasi due punti percentuali in più quando servono verso la loro sinistra.
Imparzialità
Poiché situazioni di punteggio come 40-0 o come i vantaggi non sono casualmente distribuite tra i giocatori che sono al servizio, bisogna approfondire la questione per capire quali punteggi favoriscono davvero chi è al servizio. Per farlo, il trucco è di confrontare ogni punto di un game al servizio con il resto dei punti di quel giocatore all’interno della stessa partita. In un punto come quello sul 40-0 ci sono molti punti di giocatori come Isner o Reilly Opelka, quindi si finisce per confrontarli con molti altri punti di Isner e Opelka. A questo riguardo, in media un giocatore che arriva sul 40-0 vince il 65% dei punti al servizio e il 64.3% dei punti nel lato dei vantaggi, due valori che sono decisamente al di sopra della media.
Procedendo in questo modo per ogni possibile punteggio otteniamo un elenco di punti vinti al servizio “effettivi”, punti vinti al servizio “attesi” e la relativa differenza. La colonna “effettivi” riporta quanto realmente è successo nello specifico punteggio, incluse eventuali distorsioni selettive; la colonna “attesi” ci dice quanto spesso un particolare insieme di giocatori ha vinto punti al servizio durante tutta la partita in questione; la differenza tra i due valori è una prima indicazione di dove i giocatori al servizio ottengono risultati migliori o peggiori.
La tabella mostra questi numeri per ogni punteggio.
Punteggio Effettivi Attesi Differenza 40-AD 59.6% 61.4% -1.8% 0-0 63.3% 64.6% -1.3% 15-0 62.7% 63.3% -0.6% 40-30 61.6% 62.2% -0.6% 15-30 62.3% 62.7% -0.4% 30-0 64.7% 65.1% -0.3% 40-40 62.6% 62.8% -0.1% 0-15 63.2% 63.3% -0.1% Punteggio Effettivi Attesi Differenza 40-15 64.6% 64.5% 0.0% 30-15 62.8% 62.7% 0.1% AD-40 61.6% 61.4% 0.2% 30-30 64.0% 63.6% 0.4% 0-30 65.9% 65.2% 0.8% 15-15 64.8% 64.0% 0.8% 30-40 63.6% 62.2% 1.4% 0-40 66.1% 64.7% 1.4% 15-40 66.9% 64.5% 2.4% 40-0 67.7% 64.3% 3.4%
I punteggi in cima alla tabella sono quelli in cui ci attenderemmo che i giocatori al servizio vincano più punti, mentre nella parte bassa i giocatori al servizio sembrano fare meglio del previsto. Alcuni valori si prestano a facili interpretazioni. Sullo 0-40 e sul 15-40 il giocatore al servizio aumenta la concentrazione, e di converso chi è alla risposta sa di avere altre possibilità per fare il break. Il 40-AD (vantaggio esterno) sembra proprio un momento di grande tensione per servire, e i numeri danno credito all’idea. Ci sono risultati invece che suscitano un po’ di perplessità: il 30-30 e il 40-40 non dovrebbero infatti essere identici, visto che a logica non cambia nulla? E perché i giocatori al servizio hanno un ottima prestazione sul 30-40 e fanno invece molta fatica sul 40-AD?
In merito al tema dell’articolo, cosa ne è del primo punto? In termini di basso rendimento del giocatore al servizio, solo il 40-AD gli è davanti, nonostante l’assenza di ovvi motivi per cui dovrebbe esserci differenza, in un verso o nell’altro.
Secondo a nessuno
Se aggiungiamo qualche altro elemento, il basso rendimento sul primo punto genera un impatto ancora più ampio. Prendiamo la probabilità di vittoria, un modo estremamente utile per misurare l’importanza di un punto. Dato un punteggio qualsiasi (o set/game/punteggio), e tenuto conto della probabilità di vittoria di un punto del giocatore al servizio, è possibile calcolare la probabilità di tenere il servizio (o di vincere la partita). Ipotizzando che il giocatore al servizio vince il 64.2% dei punti, terrà il servizio l’81.6% delle volte, per cui la sua probabilità di vittoria a inizio del game è dell’81.6% (64.2% è stata la frequenza nei game, escluso il tiebreak, agli US Open 2021, mentre la frequenza complessiva per l’insieme di dati 2019-2021 è leggermente inferiore).
Il secondo concetto è la volatilità. La volatilità di un punto è determinata da quanto il suo esito è in grado di modificare la probabilità di vittoria. Vincendo il primo punto, la probabilità di vittoria del giocatore al servizio sale all’89.7%, cioè il valore associato a quel giocatore al servizio in una situazione di 15-0. Se invece perde il primo punto, la probabilità scende al 67.2%. La differenza, il 22.5%, ci fa capire la posta in palio di quel determinato punto.
Se espresso come volatilità, il primo punto non è così cruciale. Una variazione del 22.5% è di molto superiore a una volatilità del 9.3% come quella sul 30-30, ma impallidisce di fronte al 76.3% del 30-40. In presenza di una palla break, un giro di racchetta può far andare la probabilità di vittoria a zero (perché il giocatore al servizio perde il game) o farla salire sopra al 50% (perché si torna in parità). Quello che il primo punto del game concede in volatilità, lo recupera in quantità. Non ci sono possibili conseguenze peggiori che sul 40-AD, ma nelle ultime edizioni degli US Open nemmeno un quinto di tutti i game è arrivato a quel punteggio. Di converso, lo 0-0 iniziale c’è in ogni game. Combinando volatilità e quantità con il livello di maggiore o minore rendimento dei giocatori al servizio, possiamo dare una rappresentazione di alto profilo del guadagno o della perdita corrispondenti alla singola situazione di punteggio.
Moltiplicatori impazziti
Con impavido coraggio matematico, prendo questi tre numeri e li moltiplico tra loro. La “differenza” dalla precedente tabella ci dice quanto meglio o peggio servono i giocatori in determinate situazioni di punteggio, rispetto al loro rendimento complessivo. Se le due differenze sono tra loro simili, a contare di più è quella con la volatilità più alta, giusto? Moltiplichiamo quindi per la volatilità. A parità di altre condizioni, più spesso si verifica una circostanza, maggiore il suo impatto sull’esito finale. Moltiplichiamo quindi ora per il numero di occorrenze nell’insieme di dati.
Il valore totale è dato dal prodotto di volatilità*occorrenze*differenza, riportato in tabella con la sigla VOD. Il prodotto di tre percentuali è un numero piccolo, per renderlo più leggibile ho poi moltiplicato per 10.000. Questi sono i risultati.
Punteggio Volatilità Occorrenze Differenze VOD 40-AD 76.3% 22% -1.8% -29.9 0-0 22.5% 100% -1.3% -29.2 15-30 44.9% 34% -0.4% -5.8 15-0 16.5% 50% -0.6% -4.9 40-30 23.8% 26% -0.6% -3.6 40-40 42.5% 43% -0.1% -2.6 0-15 33.2% 50% -0.1% -2.3 30-0 9.3% 27% -0.3% -0.9 Punteggio Volatilità Occorrenze Differenze VOD 40-15 8.5% 24% 0.0% 0.1 30-15 20.7% 34% 0.1% 0.6 AD-40 23.8% 22% 0.2% 1.1 40-0 3.0% 16% 3.4% 1.7 30-30 42.5% 32% 0.4% 5.9 0-40 31.4% 16% 1.4% 7.1 0-30 40.0% 27% 0.8% 8.2 15-15 29.4% 46% 0.8% 11.0 30-40 76.3% 25% 1.4% 26.3 15-40 49.0% 24% 2.4% 28.2
Tutti i fattori considerati, si osserva che chi è al servizio cede sul primo punto del game quasi quanto sul 40-AD, con l’evidente pressione del caso. Altre due situazioni di punteggio si fanno notare dalla parte opposta dell’intervallo, con il 30-40 che continua inspiegabilmente a essere un momento in cui tirare fuori il meglio dal servizio.
Trarre vantaggio dall’ordinario
Quello che succede nella realtà è ben lontano da quanto espresso nei numeri della colonna VOD, ma applicando lo stesso algoritmo a dati di altri Slam il risultato assume lo stesso contorno. Anche negli US Open del 2017 e 2018, ad esempio, il 40-AD e lo 0-0 sono emersi di nuovo come punteggi a rendimento inferiore, con lo 0-0 in cima alla classifica [1].
Tutto questo a dire: non riesco a spiegare perché è rilevante, ma certamente si presenta come qualcosa di rilevante. E se è rilevante, allora sembra anche un’opportunità per giocatori e allenatori astuti. Mi va benissimo accettare che chi è al servizio fatichi a mantenere la concentrazione (e forse anche l’abilità di prendere l’avversario in contropiede) sul 40-AD. Più importante ancora, sono convinto che giocatori e allenatori siano molto consapevoli degli sforzi necessari a stare mentalmente freschi alla fine di un game equilibrato.
D’altro canto però, non ci sono valide ragioni che giustifichino un basso rendimento del giocatore al servizio all’inizio del game. Sarei più propenso a credere che abbiano invece un vantaggio. L’avversario infatti non ha visto il servizio per qualche minuto (o di più), e il braccio di chi serve è relativamente fresco. Pur non essendo condizione automatica di dominio, è sufficiente a rappresentare un vantaggio minimo che chi serve può incrementare.
È per questo che sono convinto ci sia spazio di manovra. Forse i giocatori, a almeno alcuni, non servono la prima al massimo sul punto di avvio, per entrare nel ritmo del game senza strafare. Oppure preferiscono usare un servizio più conservativo, o mirare al lato forte in risposta dell’avversario, come tattica per sorprenderlo poi più avanti con servizi più efficaci. Ribadisco, non so perché i numeri evidenzino questo basso rendimento, ma è chiaro che esiste un divario di prestazione da colmare.
Il primo punto non ha nulla di magico, ma porta con se grande valore. I giocatori che non si risparmiano con il servizio all’inizio del game ottengono un vantaggio che dovrebbero sviluppare anche gli avversari. ◼︎
Note:
[1] Ho affrontato questo argomento in modo rudimentale agli esordi del blog, con dati del 2011. Lo 0-0 non si faceva notare allo stesso modo, ma non avevo tenuto in considerazione la differenza parità/vantaggi, come nell’analisi odierna. Introducendo la bravura del giocatore al servizio sul lato delle parità, il rendimento sullo 0-0 appare relativamente peggiore.