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Cosa può dire il caso di Grega Zemlja sul tennis americano?

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Pubblicato il 24 ottobre 2012 su TennisAbstract – Traduzione di Edoardo Salvati

// Grega Zemlja, il praticamente sconosciuto qualificato dalla Slovenia, è arrivato in finale al torneo di Vienna 2012. Come molti giocatori tra la posizione 50 e 100 della classifica, in particolare quelli dell’Est Europa, è riuscito finalmente ad affacciarsi ai piani alti del circuito maggiore dopo aver conseguito buoni risultati nei Challenger.

La finale a Vienna, solo il sedicesimo torneo maggiore che ha disputato, lo aiuterà a rimanere tra i primi 100 per la maggior parte del 2013, permettendogli accesso diretto ai tornei dello Slam e in molti tornei ATP di fascia inferiore.

Zemlja ha da poco compiuto 26 anni, quindi difficilmente lo si può definire una promessa. Richiamo però l’attenzione su di lui perché è entrato tra i primi 50 quasi completamente grazie ai suoi sforzi. Quando ha ricevuto una wild card dall’AELTC per il tabellone principale di Wimbledon 2012, si è trattato della prima per un torneo del circuito maggiore in tutta la sua carriera. E anche a livello Challenger, ha ricevuto una sola wild card d’ingresso al tabellone principale.

Sebbene sia presente tra i primi 200 dalla fine del 2008, Zemlja non ha ricevuto favori di sorta (oggi trentaduenne, Zemlja è il numero 900 del mondo e non ha più giocato dal Challenger di Portoroz di agosto 2017. Nel 2013 ha raggiunto la classifica massima alla posizione 43, vincendo 17 tornei tra Future e Challenger. La finale a Vienna rimane l’unica giocata in un torneo del circuito maggiore, dove h un record è di 48 vittorie e 51 sconfitte. Dopo Wimbledon 2012, ha ricevuto altre due wild card per un torneo Challenger, arrivando in finale a Portoroz 2015 sconfitto da Luca Vanni, n.d.t.).

L’assegnazione delle wild card

Si scopre che Zemlja non è il solo. Dei primi 100 (compresi Tomas Berdych e Janko Tipsarevic), 21 non hanno ricevuto nemmeno una wild card per il circuito maggiore prima di compiere 25 anni. Altri 16 (tra cui Novak Djokovic e David Ferrer) ne hanno avuta solo una e altri 23 ne hanno avute due.

Durante la preparazione di questo articolo, mi aspettavo di trovare che Zemlja fosse un caso unico di situazione sfavorevole. E invece non è così: le wild card sono un privilegio di quei giocatori che hanno avuto la fortuna di nascere nel posto giusto. Gli ingressi liberi tendono a essere assegnati agli idoli locali, in aggiunta a pochi altri concessi a giovani stelle come Grigor Dimitrov.

La distribuzione geografica delle wild card quindi dipende in tutto e per tutto dal posto in cui vengono disputati i tornei, e le sedi dei tornei hanno molto a che fare con i luoghi in cui i venivano organizzati 20, 50 o addirittura 100 anni fa.

Gli Stati Uniti dell’Assistenza

Ci sono stati molti commenti sulle 27 wild card nel circuito maggiore ricevute da Donald Young (e alcuni da Patrick McEnroe, che a sua volta ne ha avute 37). E questa è solo la punta dell’iceberg. Sapevate che i sette giocatori in attività con più wild card prima dei 25 anni sono americani? Oltre a Young troviamo Mardy Fish, Ryan Harrison, Sam Querrey, Jesse Levine, John Isner e James Blake (quello con più wild card per ora, la maggior parte delle quali però concesse nei suoi recenti tentativi di rientro nel circuito).

Al momento, i primi 200 hanno beneficiato di 748 wild card prima dei 25 anni e 139 di queste, cioè il 18.6%, sono state date ai sette giocatori menzionati, vale a dire il 3.5%.

In sintesi, la distribuzione dei tornei non corrisponde alla distribuzione di talento nel tennis. Gli Stati Uniti sono l’unico paese con più di un Master 1000 – ce ne sono tre – oltre a uno Slam, due ATP 500, e altri sette 250 (5 per la stagione 2018, n.d.t.). Sono tutti tornei con almeno tre wild card da assegnare. Nel 2012, sette sono andate a Jack Sock che, all’età di 20 anni, ne ha già collezionate 10 in tornei del circuito maggiore, più di quanto il 90% dei giocatori tra i primi 200 abbia ricevuto.

Un problema strutturale

È un tema sul quale ci si può trovare a riflettere, specialmente se preferite parteggiare per giocatori come Zemlja. Eppure è difficile assegnare colpe a qualcuno di specifico.

I tornei sono estremamente gelosi delle poche wild card che ricevono. Diventa quindi difficile per l’ATP immischiarsi. Gli organizzatori vogliono attrarre spettatori e un giocatore che si sta affermando e con un nome facile da pronunciare è un ottimo richiamo per vendere biglietti. E certamente non si può criticare un giocatore se accetta un accesso diretto nel tabellone principale.

Questa è la mia modesta proposta: trasformare qualche altro posto assegnato in tabellone dalle wild card in un posto basato sui risultati ottenuti. La USTA, la Federazione americana, si sta muovendo nella direzione, gestendo le wild card reciproche agli Australian Open e US Open tramite meccanismo di playoff, tra le altre strategie adottate. Purtroppo non aiuta in termini di distribuzione geografica, considerando che possono partecipare solo giocatori americani!

Una modalità più efficace è quella che ha permesso a Zemlja di accedere a Wimbledon. Ha infatti vinto il Challenger di Nottingham due settimane prima, e l’AELTC non poteva assegnare tutti gli ingressi liberi solo a giocatori inglesi. Zemlja era in forma e meritava la wild card, anche se non gioca difendendo i colori inglesi.

Forse ogni Slam e Master dovrebbero garantire un posto in tabellone principale al vincitore del Challenger immediatamente precedente in calendario. Oppure si dovrebbe obbligare ogni torneo con più di 48 partecipanti ad assegnare almeno una wild card a un giocatore straniero.

Se un giocatore possiede le caratteristiche, prima o poi riesce a sfondare. Non ci sarebbe però un migliore livello competitivo se alcuni giocatori non dovessero aspettare più a lungo di altri sulla base di quanti tornei sono in calendario nel paese che quest’ultimi rappresentano? ◼︎

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