Pubblicato il 24 aprile 2016 su StatsOnTheT – Traduzione di Edoardo Salvati
// Un’analisi del Mito 7.
Nel quarto di finale del torneo di Barcellona 2016 vinto da Rafael Nadal su Fabio Fognini con il punteggio di 6-2 7-6, ci sono stati 8 break in totale, 4 per ogni set. Si è anche assistito per due volte a una delle occorrenze più frustranti relative ai break, cioè la situazione di break e contro-break. La prima si è presentata nel quinto game del primo set, quando Fognini ha strappato il servizio a Nadal conquistando anche il suo primo game della partita. La seconda è avvenuta nel secondo set, quando Fognini ancora una volta ha ottenuto il break dopo aver perso il game di apertura in cui era al servizio.
Break e contro-break sono un evento raro
Quello del break e contro-break è un evento raro. E quando capita genera un moto di fastidio perché porta a chiedersi come sia potuto succedere.
Se la norma infatti è tenere il servizio, due break consecutivi rappresentano lo scenario con minori probabilità di accadimento. I dubbi aumentano nel pensare che un giocatore che ha appena ottenuto un break, riuscendo quindi nell’inaspettato, possa perdere questa posizione di vantaggio cedendo immediatamente il proprio servizio.
Come è possibile immaginarsi, le perplessità associate alla sequenza di break e contro-break hanno dato vita alle più svariate teorie sulla psicologia dei giocatori di tennis di élite.
L’interpretazione più diffusa è quella per cui il break spinge il giocatore che lo ha ottenuto a rilassarsi mentalmente e il giocatore che lo ha subìto a entrare in modalità da combattimento per recuperare lo svantaggio.
Quale sia la logica alla base, l’aspetto più significativo di questa idea è di ipotizzare che break e contro-break siano più frequenti di quanto previsto dalla distribuzione casuale delle probabilità.
Esiste però evidenza del fatto che tenere il servizio appena dopo averlo strappato all’avversario sia meno probabile che tenerlo dopo che l’avversario ha vinto il proprio game di servizio?
Questa domanda introduce il Mito 8 dei 22 miti sul tennis di Klaassen e Magnus.
Mito 8: “Dopo aver ottenuto il break, le probabilità di subire il contro-break aumentano”
Nel testare questa ipotesi, Klaassen e Magnus hanno inizialmente analizzato la frequenza di punti vinti al servizio nei game dopo aver ottenuto il break e in quelli in assenza di break nel game precedente.
La scelta di focalizzarsi sui punti vinti invece che sui game vinti è singolare, visto che si sta parlando della probabilità di vincere un game al servizio. Tuttavia, hanno considerato quale sia la probabilità implicita di vincere un game sulla base della percentuale di punti vinti.
Utilizzando questa metodologia e con i dati delle partite di Wimbledon degli anni ’90, hanno trovato che la probabilità implicita di tenere il servizio è in realtà maggiore di 3.3 punti percentuali dopo aver ottenuto il break per gli uomini e di 5.7 punti percentuali per le donne. Esattamente l’opposto di quanto predetto dalla teoria del break e contro-break.
Necessità di misure correttive
La ragione sta nel fatto che, senza introdurre misure correttive relative alla bravura dei giocatori, il verificarsi di un break è un evento altamente correlato con la capacità di tenere il servizio del giocatore che ha ottenuto il break. Per questo, il semplice confronto non è sufficiente.
Klaassen e Magnus hanno ovviato a questo effetto di selezione in un paio di modi. Un approccio ha messo a confronto i giocatori sulla base della loro testa di serie (testa di serie contro testa di serie, non testa di serie contro non testa di serie, etc) per trovare che non esiste un effetto break/contro-break per giocatori nella stessa categoria di testa di serie.
Hanno utilizzato anche il loro modello baseline a livello di singolo punto – che comprende la classifica del giocatore, l’importanza del punto e il risultato del punto precedente – per testare l’incidenza del break nell’ultimo game giocato sulla probabilità di vincere un punto al servizio. Ripetiamo, è un’analisi a livello di singolo punto. Questa volta hanno trovato un effetto negativo per le donne, che sarebbe in linea con il mito, ma nessun effetto per gli uomini.
Una rivisitazione del fenomeno break/contro-break
Le differenze riscontrate nelle conclusioni di ciascuna analisi evidenziano le difficoltà associate al Mito 8. Anziché analizzare un numero più rappresentativo di partite per i giocatori attuali, credo sia più remunerativo studiare direttamente le risultanze dei game anziché dei singoli punti. Come dimostrato dai due autori, qualsiasi rivisitazione di questo argomento deve necessariamente tenere in considerazione l’effetto di selezione generato dal verificarsi di un break al servizio.
Correzione dell’effetto di selezione
Nella prima analisi, ho considerato più di 10 mila partite della stagione 2015 per l’ATP e la WTA e analizzato la relazione tra tenere il servizio a seguito del break e tenerlo in assenza di break.
In queste analisi, la bravura dei giocatori nella partita viene corretta considerando la differenza di classifica come un effetto fisso e casuale (effetto casuale significa semplicemente che è permesso al modo in cui la differenza di classifica incide sul tenere un servizio di essere specifico per il giocatore che è al servizio).
L’immagine 1 mostra le percentuali con cui giocatori e giocatrici tengono il servizio dopo aver ottenuto il break (colore oro) e in assenza di break (colore blu; nella versione originale è possibile visualizzare i singoli valori puntando il mouse sul grafico, n.d.t.).
Considerando l’inclusione del fattore bravura, si possono interpretare queste analisi come le percentuali con cui viene tenuto il servizio da un giocatore contro un avversario dello stesso livello. Troviamo per entrambi i circuiti un punto percentuale di differenza, che suggerisce che tenere il servizio sia più probabile dopo aver ottenuto il break che in assenza di break. E questo ci dovrebbe indurre a confutare la teoria del break e contro-break, secondo la quale appunto tenere il servizio dovrebbe essere meno frequente dopo che un giocatore ha ottenuto il break.
IMMAGINE 1 – Frequenza con cui si tiene il servizio in partite della stagione 2015 con e senza il break nell’ultimo game giocato
Siamo certi di aver tenuto nella giusta considerazione la bravura di un giocatore (la classifica dopotutto non è una misura perfetta della bravura di un giocatore)? Potrebbe essere rimasto, nei numeri, un effetto di selezione?
Analisi comparativa di corrispondenza
Come metodo alternativo per introdurre la bravura al servizio e alla risposta degli avversari senza cercare di interrogarsi con ipotesi varie su quale possa essere il modo migliore per valutare la bravura di un giocatore, ho proceduto con un’analisi comparativa di corrispondenza, prendendo cioè ogni game successivo a un break del campione di partite del 2015 e associandolo con un game della stessa partita che non è stato successivo a un break al servizio. Questa è una modalità diretta per gestire non solo la bravura di un giocatore in generale ma la bravura dello stesso in una specifica partita.
L’immagine 2 mostra il raffronto tra i servizi tenuti per l’analisi comparativa di corrispondenza. In questa circostanza, la differenza rimane per quanto riguarda gli uomini, perché la percentuale con cui il servizio viene tenuto dopo il break è maggiore di circa un punto rispetto all’assenza di break. Tuttavia, per le donne l’effetto non solo svanisce, ma ci sono indicazioni opposte, cioè che tenere il servizio è leggermente meno probabile (0.5 punti percentuali) dopo il break che in assenza di break.
Anche se non riportato nel grafico, ho verificato se questi risultati cambiassero in funzione della superficie o del fatto di includere i break nell’ultimo game di un set, ma non sembra che questi fattori abbiano avuto un impatto significativo nelle analisi effettivamente mostrate.
IMMAGINE 2 – Frequenza con cui si tiene il servizio per gruppo specifico di partite in partite della stagione 2015 con e senza il break nell’ultimo game giocato
Differenze del giocatore specifico
È importante ricordare che queste sono tendenze medie, che potrebbero o non potrebbero essere rappresentative delle dinamiche associate a un particolare giocatore. Due giocatori che hanno fatto notizia durante la stagione della terra – Kei Nishikori e Angelique Kerber – illustrano proprio questo aspetto. Nel 2015, Nishikori ha vinto l’87% dei game dopo aver ottenuto il break, mentre ne ha vinti l’89% quando il suo avversario ha tenuto il servizio nel game precedente. Nishikori quindi sembra andare in direzione opposta rispetto alla tendenza del circuito maschile e più vicino alla teoria del break e contro-break che ha avviato queste analisi.
Angelique Kerber ha vinto il 72% dei game dopo aver ottenuto il break e il 75% di quelli in assenza del break. In questo caso, Kerber è più in linea con la tendenza del circuito femminile come emerge dall’analisi comparativa di corrispondenza, anche se l’effetto break e contro-break è più grande in valore.
Riepilogo
Qualsiasi analisi su situazioni di break e contro-break si espone a essere influenzata da un effetto di selezione, perché i giocatori più forti hanno più probabilità di ottenere il break. Data la difficoltà di sapere se si è riusciti a tenere nella giusta considerazione la bravura di un giocatore, raggiungere una conclusione definitiva è compito improbo. Le differenze riscontrate per il circuito femminile, come mostrate in precedenza, indicano che i risultati sono influenzati dal metodo utilizzato, anche quando si cerca di tenere conto della bravura.
Effetto psicologico per gli uomini opposto a quanto normalmente previsto
Sia la regressione che l’analisi comparativa di corrispondenza hanno ottenuto gli stessi risultati per il circuito maschile e sembrerebbero prevedere un effetto psicologico opposto rispetto a quello normalmente previsto dalle teorie sul break e contro-break, poiché i giocatori tengono il servizio più facilmente dopo aver ottenuto il break. I risultati per il circuito femminile sembrano meno affidabili, per quanto tenderei a favorire l’analisi comparativa di corrispondenza, che non si poggia sulla classifica come misura della bravura di un giocatore.
Nonostante il permanere di queste incertezze, possiamo concludere che in media gli effetti sono minimi, con una differenza di un punto percentuale che emerge dal confronto dei metodi di analisi. Questo significa che in media gli effetti riscontrati non sono molto utili a farci conoscere il comportamento più probabile per il singolo giocatore. E ogni affermazione sulla psicologia dei giocatori d’élite che viene trattata come verità rivelata è probabilmente sbagliata. ◼︎